lunedì 24 dicembre 2012

ECCO CHI PARTECIPERA' AL PROSSIMO SANREMO

Almamegretta, Malika Ayane, Simone Cristicchi, Elio e le Storie Tese, Max Gazzè, Chiara Galiazzo, Raphael Gualazzi, Marco Mengoni, Marta sui Tubi, Modà, Maria Nazionale, Annalisa Scarrone, Daniele Silvestri, Simona Molinari con Peter Cincotti.

POTREBBE FARE MENO SCHIFO DEL SOLITO.

EDWARD POPPER






ROCCO BARBARO

SANDOR MARAI



La maggior parte delle persone non sa amare né lasciarsi amare, perché è vigliacca o superba, perché teme il fallimento.
Si vergogna a concedersi a un’altra persona, e ancor più ad aprirsi davanti a lei, poiché teme di svelare il proprio segreto…Il triste segreto di ogni essere umano: un gran bisogno di tenerezza, senza la quale non si può esistere.

SPIEGAZIONE NECESSARIA - GHIANNIS RITSOS


Ci sono versi – a volte poesie intere –
che neanch’io so cosa voglion dire. Quello
che non so
mi trattiene ancora. E tu hai ragione a chiedere.
Ma non chiedere a me.
Ti ho detto che non so.
Due luci parallele
dallo stesso centro. Il rumore dell’acqua
che cade, d’inverno, dalla grondaia colma
o il rumore di una goccia che stilla
da una rosa nel giardino annaffiato
lentamente, lentamente, una sera primaverile
come il singhiozzo di un uccello. Non so
cosa vuol dire questo rumore; e tuttavia l’accetto.
Le cose che so te le spiego. Non mi dimentico.
Ma anche queste cose aggiungono qualcosa
alla nostra vita. La guardavo
mentre dormiva, il ginocchio piegato ad angolo
sul lenzuolo –
Non era solo l’amore. Questo angolo
era il crinale della tenerezza, e il profumo
del lenzuolo, di pulito e di primavera completavano
quell’inspiegabile che ho tentato, ancora
inutilmente, di spiegarti.

TUTTO TUTTO NIENTE NIENTE - GIULIO MANFREDIONIA

BABBO NATALE

 Abita al polo nord, ma lavora nei centri commerciali. 2 Non c’è niente di più triste di un Babbo Natale magro. 3 Anzi, c’è: un Babbo Natale ubriaco. 4 Se ti vesti da Babbo Natale per i tuoi figli, resta a debita distanza e con la bocca chiusa. I bambini non sono scemi. 5 Non sporcare il travestimento: alla fine delle feste potrebbe essere l’unica cosa che ti entra ancora.

E AVREBBE DOVUTO AVERE PAURA DI TE?


TENSIONE EVOLUTIVA - JOVANOTTI

CORAGGIO - FABIO PICCHI



Soffriggete per amore o per altro, per una donna, un uomo, un figlio, per il vostro paese, il nostro pianeta o l’ultimo dei vostri amici o il primo dei vostri nemici.
Non potete evitare, in questi giorni, di preparare cibo per il soggetto o i soggetti del vostro amore, lontani da qualsiasi rancore.

Se amate una donna, suggerirei di cercare un pane fragrante spalmandoci sopra un po’ di burro e aggiungendoci fette di tre quattro/millimetri di un salamino di tutto riguardo. Bere bollicine per questa merenda dell’alleanza emotiva viene naturale.

Se amate un uomo, la pasta con l’anduja chiarirà, con la piccantezza necessaria, sia a lui che a voi con chi avete a che fare. Fondamentale chiedere aiuto a donne calabresi sul come e perché di questo piatto.

Se amate un figlio, apparecchiate la tavola come se doveste ricevere un re o l’ultimo dei poveri Cristi, date fondo al cibo della vostra memoria. Non lasciate chi correrà per voi e dopo di voi senza testimone. Fritti, minestroni, stufati, verdure stagionali come i carciofi, dovranno traboccare di generosità, con olio buono e condimenti vari, senza mai tralasciare aglio e pepe, coscienti che il mondo sarà sempre più vegetariano, dedicate massima attenzione ai conigli, ai polli, ai piccioni e a tutte le carni.

Se amate il vostro paese, cercate cibo per la vostra anima nelle associazioni, nel vostro posto di lavoro, nelle scuole, nelle mense, nelle trattorie di quartiere, a Palermo o alla Giudecca. Promettete a voi stessi di venire a Firenze dove alle Cascine, il parco cittadino della mia città, al primo tepore di primavera, si ritrovano nelle domenica di festa la comunità filippina o altre comunità con mille lingue, con i loro bracieri ad arrostire ogni ben di Dio. Facile sarà lì trovare la condivisione e se poi porterete un pallone il gioco verrà come una macchina del tempo a riportarvi al quando da ragazzi… Sempre lì guarderete con stupore le mazze da cricket degli srilankesi che hanno fatto loro lo sport di chi li aveva colonizzati, bevendo te fra un tempo e l’altro. Se sarete fortunati conoscerete la loro magnifica cucina.

Per il pianeta, giurerete a voi stessi di adottare un orto in Africa, in questo Terra Madre insegna. Adotterete poi anche un orto dietro casa o nella vostre periferie.

Per gli anni a venire vi riprometterete di  mangiare, insisto, poca carne ma buona e molte verdure, pezzetti di formaggio e molta frutta, riducendo la misura del vostro prossimo frigorifero eliminando quella inutile testa surgelante uomini ed idee, ricordandovi di ingrandire, questo è fondamentale, la vostra dispensa e il tavolo della vostra cucina.
Giurate a voi stessi di mangiare pesce dei vostri mari evitando di depredare i mari altrui, lascerete marcire negli scaffali luminescenti quei pallidi pomodori contro stagione.

Libererete voi stessi da inutili sensi di colpa mangiando piccole dosi di burro spalmato su fette di pane con filetti di acciughe o con il sale, o con la zucchero equo e solidale.
Soffriggerete così d’amore per la vita, unica, preziosa ed emozionante, con un perenne grazie ripetuto agli amici e ancor più forte gridato ai nemici, che non saranno più tali se scapando sempre delle acciughe, friggerete queste ballerine di Dio infarinandole nell’olio più costoso che vi sarete regalati per queste festività.

Ultima raccomandazione: che il coraggio di condividere sia con voi.

CORSO DI SCENEGGIATURA


domenica 25 novembre 2012

CELESTE - LAURA PAUSINI

PAUL AUSTER


Ci fu una volta in cui successe qualcosa di insolito, e fu proprio l’ultima volta in cui pagasti una donna per dormire con te, nell’estate del 1972, mentre ti guadagnavi da vivere facendo il centralinista nella redazione locale del New York Times nel turno della morte, più o meno dalle sei di sera all’una di notte, non ricordi l’orario preciso, ma arrivavi che l’ufficio si stava svuotando e ti sedevi lì al tavolo, da solo, unica persona nelle ombre di un edificio sulla Rive Gauche, in attesa che squillasse il telefono, e dato che squillava raramente tu sfruttavi il silenzio ininterrotto di quelle ore per leggere libri e lavorare alle tue poesie.  

Una notte di un giorno feriale, quando il tuo turno finì, uscisti dall’ufficio e ti trovasti fuori all’aria estiva, nel caldo abbraccio dell’aria estiva, e visto che il Métro ormai era chiuso ti incamminasti verso casa, procedendo tranquillamente verso sud nella dolce aria estiva, per niente stanco mentre passeggiavi lungo le strade vuote per tornare alla tua stanzetta vuota. In breve arrivasti in Rue Saint Denis, dove malgrado l’orario lavoravano ancora parecchie ragazze, e poi svoltasti in una via laterale, quella dove tendevano a concentrarsi quelle più carine, rendendoti conto che non avevi ancora voglia di rincasare, che eri solo da troppo tempo e ti faceva orrore tornare nella tua stanza vuota, e a metà dell’isolato una di loro attirò la tua attenzione, una bruna alta con un viso bellissimo e una figura altrettanto bella, e quando lei ti sorrise e chiese se volevi compagnia (Je t’accompagne?), accettasti senza pensarci due volte. Ti venne da pensare che se nel mondo tutti fossero stati capaci di sorridere come lei non ci sarebbero più state guerre o conflitti fra gli uomini, che sulla terra avrebbero regnato per sempre pace e felicità. Si chiamava Sandra, era francese e aveva circa venticinque anni, e mentre la seguivi sulla scala a chiocciola fino al secondo piano dell’albergo lei annunciò che eri il suo ultimo cliente della serata e perciò non c’era fretta, potevi concederti tutto il tempo che volevi.  

Era un fatto senza precedenti, una violazione di tutti le misure e i protocolli professionali, ma per te era già chiaro che Sandra era diversa dalle altre ragazze che lavoravano in quella via, che mancava di quella durezza e quella freddezza che sembravano necessarie del lavoro. Poi ti trovasti in camera con lei, e tutto continuò a essere diverso da ogni tua precedente esperienza in quella parte della città. Era loquace e allegra, senza fretta di mettersi al lavoro, per niente sconcertata dal tuo desiderio di toccarla e baciarla, e mentre era spaparanzata sul letto con te cominciò a darti dimostrazioni delle varie posizioni amorose che lei e le sue amiche adottavano con i loro clienti, un Kama Sutra di Rue Saint-Denis, eseguendo contorsionismi intorno e addosso e sopra se e aiutando anche te a contorcerti nelle reciproche configurazioni, sorridendo dolcemente all’assurdità del tutto mentre ti snocciolava il nome di ciascuna posizione. Purtroppo ora ne rammenti una sola, probabilmente la più piatta di tutte, ma proprio in quanto così banale, anche la più divertente: le paresseux, il pigro, che consisteva semplicemente nello stenderti su un fianco e accoppiarti con la tua partner viso a viso.  

Non avevi mai incontrato una donna così a proprio agio nel suo corpo, così serena nel modo di porgere la sua persona nuda, e alla fine, anche se avresti voluto che quelle dimostrazioni continuassero fino a mattina, eri troppo eccitato per trattenerti oltre. Pensavi che sarebbe finita così, in passato la jouissance aveva sempre segnato la fine, ma anche dopo l’orgasmo Sandra non ti fece fretta di andar via, voleva star sdraiata sul letto a parlare, e così ti trattenesti ancora con lei per quasi un’ora, felicemente avvolto fra le sue braccia con la testa appoggiata alla sua spalla, a discutere di cose che sono svanite dalla tua mente ormai da tempo, e quando lei infine ti chiese che facevi nella vita e tu le rispondesti che scrivevi poesie, ti aspettavi una scrollata di spalle o un commento evasivo, ma no, di nuovo no, perché quando cominciasti a parlare di poesia Sandra chiuse gli occhi e si mise a recitare Baudelaire, a lunghe citazioni declamate con intensità di sentimento e perfetta memoria, e tu sperasti solo che Baudelaire si fosse alzato a sedere nella tomba e stesse ascoltando.  

Fu uno dei momenti più incredibili della tua vita, uno dei più felici, e anche dopo il tuo ritorno a New York, mentre scrivevi il capitolo seguente della tua storia, continuasti a pensare a Sandra e alle ore che avevi passato con lei quella notte chiedendoti se non avresti fatto bene a saltare su un aereo, tornare a Parigi e chiederle di sposarti. 
1 Non siamo all’asilo: niente ombrellini, fragole o cannucce nel bicchiere. 2 Per un tuffo nel passato, ruba una giacca primi anni ottanta dall’armadio di tuo padre e ordina un Crodino. 3 Al terzo giro di buffet non lo puoi più negare: stai cenando. 4 Al terzo giro di vodka sei ubriaco. 5 A Milano l’aperitivo comincia alle sei del pomeriggio e finisce la mattina dopo, con cappuccino e cornetto.

sabato 24 novembre 2012

T-SHIRT

1 Una t-shirt dura al massimo tre anni. Poi diventa uno straccio per spolverare. 2 Vietato arrotolare le maniche sulle spalle per chi non è nel cast di Grease. 3 Spiazza i tuoi amici: metti una maglietta di Katy Perry al concerto di Bob Dylan. 4 Se porti il nome di una marca stampata sul petto, fatti pagare. 5 L’assorbente ascellare è umiliante, ma meno di due belle chiazze di sudore.

WALDEN - VITA NEL BOSCO - HENRI DAVID THOREAU



"Walden" è il resoconto di un anno di vita solitaria nella campagna del Massachusetts che l'autore trascorse fra il marzo del 1845 e il settembre del 1847. Un semplice diario, che all'esperienza intima unisce la descrizione della vita quotidiana, materiale, fatta di suoni, silenzi, paesaggi reali e immaginari, e che è per contrasto una riflessione sull'economia, sulla politica, sulla democrazia, sugli Stati Uniti, che in quegli anni si vanno formando come potenza

domenica 20 maggio 2012

IL CARROZZONE - RENATO ZERO

TIZIANO TERZANI


Mi piace essere in un corpo che ormai invecchia. Posso guardare le montagne senza il desiderio di scalarle. Quand’ero giovane le avrei volute conquistare. Ora posso lasciarmi conquistare da loro. Le montagne, come il mare, ricordano una misura di grandezza dalla quale l’uomo si sente ispirato, sollevato. Quella stessa grandezza è anche in ognuno di noi, ma lì ci è difficile riconoscerla. Per questo siamo attratti dalle montagne. Per questo, attraverso i secoli, tantissimi uomini e donne sono venuti quassù nell’Himalaya, sperando di trovare in queste altezze le risposte che sfuggivano loro restando nelle pianure. Continuano a venire.

CONCERTO GROSSO - ARCANGELO CORELLI

CARLA BRUNI

1 Non è la nuova Maria Antonietta. È la nuova Caterina de’ Medici. 2 Avrà anche perso le elezioni, ma ha fatto molta più strada delle altre top model. 3 La vergogna di essere italiana è come il suo essere di sinistra: poi passa. 4 Ora avrà tempo di incidere un cd di ninnenanne. Il quarto di fila. 5 Nessuno la dia per finita: se si candidasse in Italia sarebbe eletta all’istante.

MARK RUFFALO



sabato 12 maggio 2012

LA BALLATA DEI PRECARI

1 Nessun film dell’orrore saprà darti la stessa suspense del rinnovo del contratto semestrale. 2 Per un’impiegata precaria l’anticoncezionale è un vitale strumento di lavoro. 3 Se sei convinto che l’articolo 18 sia un gruppo rap, non hai tutti i torti. 4 Con un contratto a progetto non puoi fare progetti. 5 Sei al terzo stage di seguito? Cambia settore. O paese.

PASTORALE - SINFONIA N. 6 - 1 MOVIMENTO

MARUTI KAMPLY

“Quando non chiedi niente né al mondo né a Dio, quando non vuoi nulla, non cerchi nulla, non attendi nulla, allora lo Stato Supremo verrà da te inaspettatamente, senza che tu l’abbia invitato! 
Il desiderio di verità è il migliore fra tutti, ma è pur sempre un desiderio. Tutti i desideri devono essere abbandonati perché la Realtà affiori.

PEGGIO DI BERLUSCONI

Il primo ministro ungherese, Pal Schmitt, ha dato le dimissioni dopo essere stato accusato di aver copiato la tesi di dottorato.

giovedì 10 maggio 2012

LA TABACCHERIA - FERNANDO PESSOA


Non sono niente.
Non sarò mai niente.
Non posso voler essere niente.
A parte questo, ho dentro me tutti i sogni del mondo.
Finestre della mia stanza,
Della stanza di uno dei milioni al mondo che nessuno sa chi è.
(E se sapessero chi è, cosa saprebbero?),
Vi affacciate sul mistero di una via costantemente attraversata da gente,
Su di una via inaccessibile a tutti i pensieri,
Reale, impossibilmente reale, certa, sconosciutamente certa,
Con il mistero delle cose sotto alle pietre e agli esseri,
Con la morte che porta umidità nelle pareti
e capelli bianchi negli uomini,
Con il Destino che guida il carretto di tutto sulla strada di niente.
Oggi sono vinto, come se sapessi la verità.
Oggi sono lucido, come se stessi per morire,
E non avessi altra fratellanza con le cose
Che un commiato, e questa casa e questo lato della via diventassero
La fila di vagoni di un treno, e una partenza fischiata
Da dentro la mia testa,
E una scossa dei miei nervi e uno scricchiolio di ossa nell'allontanamento.
Oggi sono perplesso, come chi ha pensato e creduto e dimenticato.
Oggi sono diviso tra la lealtà che devo
Alla Tabaccheria dall'altra parte della strada, come cosa reale dal di fuori,
E alla sensazione che tutto è sogno, come cosa reale dal di dentro.
Sono fallito in tutto.
Ma visto che non avevo nessun proposito, forse tutto è stato niente.
Dall'insegnamento che mi hanno impartito,
Sono sceso attraverso la finestra sul retro della casa.
Sono andato in campagna pieno di grandi propositi.
Ma là ho incontrato solo erba e alberi,
E quando c' era, la gente era uguale all'altra.
Mi scosto dalla finestra, siedo su una poltrona. A che devo pensare?
Che so di cosa sarò, io che non so cosa sono?
Essere quel che penso? Ma penso di essere tante cose!
E in tanti pensano di essere la stessa cosa che non possono essercene così tanti!
Genio? In questo momento
Centomila cervelli si concepiscono in sogno geni come me,
E la storia non ne rivelerà, chissà?, nemmeno uno,
Non ci sarà altro che letame di tante conquiste future. No, non credo in me.
In tutti i manicomi ci sono pazzi deliranti con tante certezze!
lo, che non possiedo nessuna certezza, sono più sano o meno sano?
No, neppure in me... In quante mansarde e non-mansarde del mondo
Non staranno sognando a quest'ora geni-per-se-stessi?
Quante aspirazioni alte, nobili e lucide,
Sì, veramente alte, nobili e lucide, e forse realizzabili,
Non verranno mai alla luce del sole reale né toveranno ascolto?
Il mondo è di chi nasce per conquistarlo
E non di chi sogna di poterlo conquistare, anche se ha ragione.
Ho sognato di più di quanto Napoleone abbia realizzato.
Ho stretto al petto ipotetico più umanità di Cristo.
Ho creato in segreto filosofie che nessun Kant ha scritto.
Ma sono, e forse sarò sempre, quello della mansarda,
Anche se non ci abito; sarò sempre quello che non è nato per questo;
Sarò sempre soltanto quello che possedeva delle qualità;
Sarò sempre quello che ha atteso
che gli aprissero la porta davanti a una parete senza porta,
E ha cantato la canzone dell'Infinito in un pollaio,
E sentito la voce di Dio in un pozzo chiuso.
Credere in me? No, né in niente.
Che la Natura sparga sulla mia testa scottante
Il suo sole, la sua pioggia, il vento che trova i miei capelli,
E il resto venga pure se verrà o dovrà venire, altrimenti non venga.
Schiavi cardiaci delle stelle,
Abbiamo conquistato tutto il mondo prima di levarci da letto;
Ma ci siamo svegliati ed esso è opaco,
Ci siamo alzati ed esso è estraneo,
Siamo usciti di casa ed esso è la terra intera,
Più il sistema solare, la Via Lattea e l'Indefinito.
Mangia cioccolatini, piccina; Mangia cioccolatini!
Guarda che non c' è al mondo altra metafisica che i cioccolatini.
Guarda che tutte le religioni non insegnano altro che la pasticceria.
Mangia, bambina sporca, mangia!
Potessi io mangiare cioccolatini con la stessa concretezza con cui li mangi tu!
Ma io penso e, togliendo la carta argentata, che poi è di stagnola,
Butto tutto per terra, come ho buttato la vita.
Ma almeno rimane dell'amarezza di ciò che mai sarò
La calligrafia rapida di questi versi,
Portico crollato sull'Impossibile.
Ma almeno consacro a me stesso un disprezzo privo di lacrime,
Nobile almeno nell'ampio gesto con cui scaravento
I panni sporchi che io sono, senza lista, nel corso delle cose,
E resto in casa senza camicia.
Tu, che consoli, che non esisti e perciò consoli,
Dea greca, concepita come una statua viva,
O patrizia romana, impossibilmente nobile e nefasta,
O principessa di trovatori, gentilissima e colorita,
O marchesa del Settecento, scollata e distante,
O celebre cocotte dell'epoca dei nostri padri,
O non so che di moderno - non capisco bene cosa -,
Tutto questo, qualsiasi cosa tu sia, se può ispirare che ispiri!
Il mio cuore è un secchio svuotato.
Come quelli che invocano spiriti invocano spiriti invoco
Me stesso ma non trovo niente.
Mi avvicino alla finestra e vedo la strada con assoluta nitidezza.
Vedo le botteghe, vedo i marciapiedi, vedo le vetture passare,
Vedo gli enti vivi vestiti che s'incrociano,
Vedo i cani che anche loro esistono,
E tutto questo mi pesa come una condanna all'esilio,
E tutto questo è straniero, come ogni cosa.
Ho vissuto, studiato, amato, e persino creduto,
E oggi non c' è mendicante che io non invidi solo perché non è me.
Di ciascuno guardo i cenci e le piaghe e la menzogna,
E penso: magari non ho mai vissuto, né studiato, né amato, né creduto
(Perché si può creare la realtà
di tutto questo senza fare nulla di tutto questo);
Magari sei solo esistito, come una lucertola cui tagliano la coda
E che è irrequietamente coda al di qua della lucertola.
Ho fatto di me ciò che non ho saputo,
E ciò che avrei potuto fare di me non l'ho fatto.
Il domino che ho indossato era sbagliato.
Mi hanno riconosciuto subito per quello che non ero e non ho smentito, e mi sono perso.
Quando ho voluto togliermi la maschera, era incollata alla faccia.
Quando l'ho tolta e mi sono guardato allo specchio, ero già invecchiato.
Ero ubriaco, non sapevo più indossare il domino che non mi ero tolto.
Ho gettato la maschera e dormito nel guardaroba
Come un cane tollerato dai gestori perché inoffensivo
E scrivo questa storia per dimostrare di essere sublime.
Essenza musicale dei miei versi inutili,
Magari potessi incontrarmi come una cosa fatta da me,
E non stessi sempre di fronte alla Tabaccheria qui di fronte,
Calpestando la coscienza di stare esistendo,
Come un tappeto in cui un ubriaco inciampa
O uno stoino rubato dagli zingari che non valeva niente.
Ma il Padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata ed è rimasto sulla porta.
Lo guardo con il fastidio della testa piegata in malo modo
E con il fastidio dell' anima che distingue male.
Lui morirà ed io morirò. Lui lascerà l'insegna, io lascerò dei versi.
A un certo momento morirà anche l'insegna, e anche i versi.
Dopo un po' morirà la strada dov'era stata l'insegna,
E la lingua in cui erano stati scritti i versi.
Morirà poi il pianeta ruotante in cui è avvenuto tutto questo.
In altri satelliti di altri sistemi qualcosa di simile alla gente
Continuerà a fare cose simili a versi vivendo sotto cose simili a insegne,
Sempre una cosa di fronte all'altra,
Sempre una cosa inutile quanto l'altra,
Sempre l'impossibile, stupido come il reale,
Sempre il mistero del profondo
certo come il sonno del mistero della superficie,
Sempre questo o sempre qualche altra cosa o né l'uno né l'altra.
Ma un uomo è entrato nella Tabaccheria (per comprare tabacco?),
E la realtà plausibile improvvisamente mi crolla addosso.
Mi rialzo energico, convinto, umano,
Con l'intenzione di scrivere questi versi per dire il contrario.
Accendo una sigaretta mentre penso di scriverli
E assaporo nella sigaretta la liberazione da ogni pensiero.
Seguo il fumo come se avesse una propria rotta,
E mi godo, in un momento sensitivo e competente
La liberazione da tutte le speculazioni
E la consapevolezza che la metafisica
è una conseguenza dell'essere indisposti.
Poi mi allungo sulla sedia e continuo a fumare.
Finche il Destino me lo concederà, continuerò a fumare.
(Se sposassi la figlia della mia lavandaia magari sarei felice.)
Considerato questo, mi alzo dalla sedia. Vado alla finestra.
L'uomo è uscito dalla Tabaccheria
(infilando il resto nella tasca dei pantaloni?).
Ah, lo conosco: è Esteves senza metafisica.
(Il Padrone della Tabaccheria s'è affacciato all'entrata.)
Come per un istinto divino Esteves s'è voltato e mi ha visto.
Mi ha salutato con un cenno, gli ho gridato Arrivederci Esteves!, e l'universo
Mi si è ricostruito senza ideale nè speranza,
e il Padrone della Tabaccheria ha sorriso.

MIDNIGHT IN PARIS







JEAN PIERRE LEVARAY


Tutti i giorni la stessa cosa.
Arrivo al lavoro e mi travolge come un’onda di disperazione, come un suicidio, come un vuoto che m’invade, come l’ustione di una pallottola nella tempia.
Un lavoro troppo conosciuto, una sala macchine abbagliata dai neon e dei colleghi che certi giorni non si ha proprio voglia di ritrovare.
Neppure il coraggio di cercare un altro lavoro. Troppo tardi. Tempo fa avevo cercato, avrei potuto fare l’infermiere all’ospedale psichiatrico, prof al liceo tecnico, e poi no, mancanza di coraggio per cambiare vita. Questo lavoro non mi ha mai soddisfatto, eppure non mi ci vedo più a imparare altre cose, altri gesti. Si va avanti, ma non ci si abitua. Parlo al plurale perché non sono il solo ad avere questo stato d’animo: siamo tutti nella stessa barca.
Siamo arrivati a sperare che l’azienda chiuda. Sì, che delocalizzi, che ristrutturi, che aumenti la sua produttività, che abbassi i costi fissi. Smettere, insomma. Basta con questo lavoro, essere liberi. Liberi, ma senza altre preoccupazioni.
Sappiamo che arriverà, ce l’aspettiamo. Come per il tessile, per le fonderie… un giorno l’industria chimica pesante non avrà più diritto di cittadinanza in Europa.
Nessuno parla di questo malessere che investe gli operai che hanno superato la quarantina e che non sono più motivati da un lavoro fatto per troppo tempo, per troppo tempo subito. Un lavoro che si è dovuto salvaguardare perché c’era la crisi, la disoccupazione e bisognava essere soddisfatti d’avere l’impiego garantito, per poter continuare a consumare a scapito di vivere.
Nessuno ne parla. I sindacati lo nascondono, i padroni ne approfittano, i sociologi del lavoro non se ne interessano: i proletari non fanno notizia.
Abbiamo dato il cambio alla squadra del pomeriggio, felice di lasciare il reparto. È il nostro turno, adesso, per otto ore.
Siamo seduti in mensa, attorno a una tazza di caffè. I cucchiaini girano fiacchi, abbiamo tutti lo stesso stato d’animo e anche, di già, la stessa fatica di fronte a questa notte che sarà lunga. Chi parla dell’inferno operaio? Non tanto per la fatica, ma per tutta questa vita consumata, una vita già troppo breve che il lavoro salariato logora ancor più.

RICOMINCIO DA QUI - ALEANDRO BALDI

BLACKBERRY CONTRO IPHONE

1 Chi vive su facebook, ha bisogno dell’iPhone. E di un bravo analista. 2 Se hai un problema di sudorazione alle mani, il touchscreen non fa per te. 3 La tastiera del tuo Blackberry fa le bizze? Prova a tagliarti le unghie. 4 È inutile continuare a ripetere che hai scelto il Blackberry. È il tuo datore di lavoro che l’ha scelto per te. 5 Se più che un telefono cerchi qualcuno con cui scambiare due parole, c’è un nuovo iPhone pronto ad ascoltarti.

IL TEMPO PERSO - JACQUES PREVERT


Sulla porta dell'officina
d'improvviso si ferma l'operaio
la bella giornata l'ha tirato per la giacca
e non appena volta lo sguardo
per osservare il sole
tutto rosso tutto tondo
sorridente nel suo cielo di piombo
fa l'occhiolino
familiarmente
Dimmi dunque compagno Sole
davvero non ti sembra
che sia un po’ da coglione
regalare una giornata come questa
ad un padrone?

giovedì 16 febbraio 2012

COSTA D'AVORIO

Nei cinque mesi di conflitto che hanno preceduto la cattura di Gbagbo (autoproclamato presidente della Costa D'Avorio, l'11 aprile 2011, sono morte circa tremila persone.

LA CARTA PIU' ALTA - MARCO MALVALDI

"Non è che tutti gli anni possono ammazzare qualcuno per farvi passare il tempo", sbotta disperato Massimo il barrista. Ma è impossibile sottrarsi al nuovo intrigo in cui stanno per trascinarlo i quattro vecchietti del BarLume: nonno Ampelio, il Rimediotti, il Del Tacca del Comune, Aldo il ristoratore. Dalla vendita sottoprezzo di una villa lussuosa, i pensionati, investigatori per amor di maldicenza, sono arrivati a dedurre l'omicidio del vecchio proprietario, morto, ufficialmente, di un male rapido e inesorabile. Massimo il barrista, ormai in balìa dei vecchietti che stanno abbarbicati tutto il giorno al tavolino sotto l'olmo del suo bar nel paese immaginario e tipico di Pineta, al solito controvoglia trasforma quel fiume di malignità e di battute in una indagine. Il suo lavoro d'intelletto investigativo si risolve grazie a un'intuizione che permette di ristrutturare le informazioni, durante un noioso ricovero ospedaliero: proprio come avviene nei classici del giallo deduttivo. E a questo genere apparterrebbero, data la meccanica dell'intreccio, i romanzi del BarLume, se non fosse per le convincenti innovazioni che vi aggiunge Marco Malvaldi. La situazione comica dei quattro temibili vecchietti che sprecano allegramente le giornate tra battute diatribe e calunnie, le quali fanno da base informativa e controcanto farsesco al mistero. La feroce satira che scioglie nell'acido ogni perbenismo ideologico. La rappresentazione, umoristica e aderente insieme, della realtà della provincia italiana...

GIANRICO CAROFIGLIO

L'amore è inventare l'altro con tutta la nostra fantasia e con tutte le nostre forze, senza cedere di un millimetro alla realtà.

martedì 14 febbraio 2012

IO TI CHIESI - HERMANN HESSE


Io ti chiesi perché i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in un oscuro flutto.
Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste

HUGO CABRET - MARTIN SCORSESE

MEDITAZIONI RIVOLTE AI CREDENTI

L'importante è assimilare intimamente nel proprio spirito l'insegnamento o la pratica che si riceve, e applicarli nella vita di tutti i giorni.

IO NON HO PAURA - FIORELLA MANNOIA

IL SILENZIO DELL'ONDA - GIANRICO CAROFIGLIO


Da mesi, il lunedì e il giovedì, Roberto Marias attraversa a piedi il centro di Roma per raggiungere lo studio di uno psichiatra. Si siede davanti a lui, e spesso rimane in silenzio. Talvolta i ricordi affiorano. E lo riportano al tempo in cui lui e suo padre affrontavano le onde dell'oceano sulla tavola da surf. Lo riportano agli anni rischiosi del suo lavoro di agente sotto copertura, quando ha conosciuto il cinismo, la corruzione, l'orrore. Fuori, ma anche dentro di sé. Di professione fantasma, ha imparato a ingannare, a tradire, a sparire senza lasciare traccia. Una vita che lo ha ubriacato e travolto. Le parole del dottore, le passeggiate ipnotiche in una Roma che lentamente si svela ai suoi occhi, l'incontro con Emma, come lui danneggiata dall'indicibilità della colpa, gli permettono di tornare in superficie. E quando Giacomo gli chiede aiuto contro i suoi incubi di undicenne, Roberto scopre una strada di riscatto e di rinascita.