domenica 29 dicembre 2013

PER DIECI MINUTI - CHIARA GAMBERALE

TDieci minuti al giorno. Tutti i giorni. Per un mese. Dieci minuti per fare una cosa nuova, mai fatta prima. Dieci minuti fuori dai soliti schemi. Per smettere di avere paura. E tornare a vivere. Tutto quello con cui Chiara era abituata a identificare la sua vita non esiste più. Perché, a volte, capita. Capita che il tuo compagno di sempre ti abbandoni. Che tu debba lasciare la casa in cui sei cresciuto. Che il tuo lavoro venga affidato a un altro. Che cosa si fa, allora? Rudolf Steiner non ha dubbi: si gioca. Chiara non ha niente da perdere, e ci prova. Per un mese intero, ogni giorno, per almeno dieci minuti, decide di fare una cosa nuova, mai fatta prima. Lei che è incapace anche solo di avvicinarsi ai fornelli, cucina dei pancake, cammina di spalle per la città, balla l'hip-hop, ascolta i problemi di sua madre, consegna il cellulare a uno sconosciuto. Di dieci minuti in dieci minuti, arriva così ad accogliere realtà che non avrebbe mai immaginato e che la porteranno a scelte sorprendenti. Da cui ricominciare. Chiara Gamberale racconta quanto il cambiamento sia spaventoso, ma necessario. E dimostra come, un minuto per volta, sia possibile tornare a vivere.

 

venerdì 27 dicembre 2013

NON HO BISOGNO DI DENARO - ALDA MERINI

Non ho bisogno di denaro.

Ho bisogno di sentimenti,

di parole, di parole scelte sapientemente,

di fiori detti pensieri,

di rose dette presenze,

di sogni che abitino gli alberi,

di canzoni che facciano danzare le statue,

di stelle che mormorino all' orecchio degli amanti.

Ho bisogno di poesia,

questa magia che brucia la pesantezza delle parole,

che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

 

mercoledì 25 dicembre 2013

OROSCOPO DEL 25 DICEMBRE 2013

Nel 1588 il governatore del Giappone Toyotomi Hideyoshi confiscò tutte le spade, i pugnali e le lance dei suoi cittadini e le fece fondere per fabbricare una gigantesca statua di Budda. Mi piacerebbe che anche tu subissi una trasformazione simile nel 2014. Naturalmente, non devi rinunciare a tutta la tua rabbia e alla tua combattività. Una certa quantità è indispensabile, soprattutto se devi cambiare alcune situazioni. Ma potresti trarre vantaggio da una riduzione del tuo livello di aggressività. Pensi di poter “fondere” una parte della tua rabbia primordiale e usare quell’energia per costruire il tuo equivalente personale di un’effige del Budda?


Ernest Rutherford (1871-1937) è considerato il padre della fisica nucleare, non solo perché vinse il premio Nobel per la chimica. Era anche un insegnante eccezionale. Ben undici dei suoi allievi hanno vinto il Nobel. È proprio il tipo di maestro o mentore che ti invito a cercare nel 2014. I prossimi mesi potrebbero essere il periodo ideale per imparare molto e rapidamente. E uno dei modi migliori per realizzare questa profezia sarà prendere esempio da chi padroneggia alla perfezione le abilità che vuoi acquisire.

martedì 24 dicembre 2013

CHIARA GAMBERALE

"E' faticoso non essere a disposizione di chi amiamo. Ma a volte ci tocca. Quella disponibilità infinita non aiuta noi e non aiuta loro”.


“Una minore intensità di aspirazioni senza dubbio permette una maggiore coincidenza con la propria vita"

 

lunedì 23 dicembre 2013

METTERE A LETTO I BAMBINI

1 Se non dorme per le undici tanto vale fargli fare tutta una tirata fino alla mattina dopo. 2 Sei di nuovo uscita dalla sua stanza strisciando? Vergognati. 3 Fargli fare un giro in auto per addormentarlo ha un costo troppo alto per il pianeta. 4 I figli degli altri vanno tutti a dormire prima del tramonto. 5 Se ti addormenti prima tu, ha vinto lui.

 

domenica 22 dicembre 2013

IL NIPOTE DEL NEGUS - ANDREA CAMILLERI

Eja, Eja, Alalà! Fu già tempo in cui si andava in camicia nera; si cantavano inni. Quando la menzogna si accasa nella storia, sono gli atti di fede, e i manganelli, che fanno la verità. Ci volevano, a Vigàta, le furberie e le mattacchiate di uno scavezzacollo principe di colore, la selvatica estrosità e il talento per gli affari di un diciannovenne ben arnesato e sessualmente senza briglie, la spudoratezza e l'inclinazione astuta di un nipote del Negus, i puntigli principeschi di uno studentello straniero senza letto e senza tetto, che allettava gli occhi e invaghiva i cuori, per umiliare l'onore, l'orgoglio virile, le mire colonialistiche, le prolisse incompetenze del regime, e il nazifascistico razzismo. Il nipote del Negus, il principe Grhane Sollassié Mbassa, è stato iscritto alla Regia Scuola Mineraria di Vigàta. Si rivela un virtuoso della bricconeria e un atleta dell'inganno: tutti brontolando, e lui bravando; promettendo molto, e ancor più pagando, senza nulla mai ottenere. Cosa non tollerano tutti, cosa non tentano. Anche il Duce schiuma e freme, e subisce a rate i tiri bassi dell'etiope: di quel tizzone d'inferno che scalcia e corvetta; e sfugge al dover suo di dar testimonianza in terra italica e in colonia del viver bello e libero e generoso della "civiltà" fascista. Un evento reale con cui Camilleri torna alla sua vena più antica, quella più irriverente e comica, che mescola con intelligente divertimento, storia e fantasia.

 

venerdì 20 dicembre 2013

DORIS LESSING - DARIA BIGNARDI

Doris lessing era un tipaccio. Quando nel 2007, a ottantotto anni, vinse il Nobel per la Letteratura, disse: «Dopo tutti questi anni? Sono esausta, dovrei festeggiare a champagne ma credo invece che andrò a dormire». E dopo qualche tempo: «Il Nobel è stressante: il telefono non smette di squillare. Il gatto è molto infastidito». Viveva a Londra sola col suo gatto e molti libri in una casa a due piani di West Hampstead, un quartiere a nord. Non cucinava. Il suo giardino era in rovina perché non riusciva più a lavorarci. Da anziana era molto ingrassata.

«non si sente mai sola?», le chiedevano i giornalisti. «No. Mi piace la solitudine; è davvero preziosa. Quando sei giovane, pensi che nuoterai in quel lago meraviglioso con un sacco di tempo a disposizione, ma poi diventi sempre più affaccendato».

Adorava i gatti, aveva scritto un libro intitolato Gatti molto speciali. Era lucida, tagliente, poco sentimentale.

***

Diceva che aveva cominciato a scrivere a sette anni e aveva subito capito che non avrebbe mai fatto nient’altro.

Nata in Iran quando ancora si chiamava Persia e vissuta nello Zimbabwe quando ancora si chiamava Rhodesia, a quindici anni aveva lasciato gli studi: «Mi annoiavo. Volevo osservare il mondo e scrivere storie che raccontassero quello che vedevo». Aveva sposato Frank Wisdom a diciannove: «Le ho fatte tutte, la cucina, i bambini, ma anche lì mi annoiavo fino alle lacrime». Aveva lasciato il marito e due figli per sposare Gottfried Lessing, comunista duro e puro. Si era iscritta al Partito comunista, poi lo aveva abbandonato, disgustata dalle purghe staliniane, e non perdeva occasione di criticare duramente tutte le ideologie.

***

Il suo primo romanzo, L’erba canta, fu pubblicato nel 1950 a Londra, dove si era appena trasferita col terzo figlio, lasciando in Africa i due ex mariti e gli altri due figli. «Mio figlio mi salvò allora da tante distrazioni, diciamo così, pericolose. Il fatto di dovermi occupare di un bambino limitava la mia libertà di movimento. La Londra di allora era affascinante, piena di artisti e intellettuali che si incontravano ogni sera nei locali di Soho. Sono un tipo molto socievole, se fossi stata libera chissà in quali pasticci mi sarei cacciata», raccontava il tipaccio.

***

Dal momento che nei suoi romanzi

descriveva l’animo e la vita delle donne e parlava di politica e di libertà, la etichettarono come scrittrice femminista, cosa che la faceva infuriare. Non voleva essere il testimonial di niente.

Quando domenica ho saputo della sua morte, ho preso la scala e sono andata a cercare negli ultimi piani della libreria i suoi vecchi tascabili Feltrinelli che leggevo da ragazza. Il primo tomo del Taccuino d’oro era pieno di patacche. L’ho aperto a caso, e ho trovato questa frase sottolineata: «Una donna che non ha un uomo non può incontrarne uno, qualsiasi uomo, di qualsiasi età, senza pensare, sia pure per mezzo secondo, forse questo è il mio uomo».

Non era una femminista, Doris Lessing, no. Era un tipaccio.

 

mercoledì 18 dicembre 2013

SIMONE WEIL

L'attaccamento è fabbricatore d'illusioni; chi vuole il reale dev'essere distaccato.

 

lunedì 16 dicembre 2013

FINKIELKRAUT

PARIGI - Defilato per qualche anno dall'agone intellettuale parigino, il ritorno editoriale di Alain Finkielkraut è stato fragoroso. L'identité malheureuse, cupa riflessione sull'identità francese minacciata, e dunque infelice, è in testa alle classiche da settimane. Il filosofo prosegue la sua critica antimoderna, contro il relativismo culturale, denunciando i continui attacchi alla laicità, la crisi dell'integrazione degli stranieri, proprio lui che è figlio di ebrei polacchi naturalizzati dopo la guerra. Un pamphlet che intercetta l'air du temps e che, secondo alcuni commentatori, mette in bella copia le pericolose idee del Front National. "È invece la sinistra che, vigliaccamente, ha abbandonato la difesa di alcuni suoi principi repubblicani" risponde Finkielkraut, circondato da pile di libri nella casa di rue Vavin.

Definito da Le Point come uno degli ideologi del nuovo movimento "neocon" francese, galassia di intellettuali reazionari sempre più agguerriti da quando la sinistra è al governo, il filosofo firma uno dei suoi libri più personali, nel quale racconta anche la gioventù da gauchiste del Sessantotto, oggi amaramente pentito.

Si riconosce nella definizione di nuovo intellettuale reazionario?

"Il cosidetto progressismo, inteso come supremazia del politico sulla realtà, ha fallito. Avrebbe dovuto essere sepolto tra le rovine del Muro di Berlino. Oggi, in verità, lagauche non crede al progresso ma all'eterno ritorno, paventando un balzo all'indietro fino agli anni Trenta, preludio di un altro fascismo. Come se il presente non potesse essere nuovo, solo una copia del passato. Rifiuto queste analogie storiche. Penso, invece, che attraversiamo un'epoca inedita che getta nel panico alcuniintellettuali, incapaci di riflettere sull'ignoto".

Lei sembra un inguaribile nostalgico. Già nel 1987, in La sconfitta del pensiero, criticava la "barbarie del mondo moderno". L'Identité malheureuse è il seguito ideale?

"Nel suo rapporto alla Storia, l'uomo oggi si sente depotenziato. Il cambiamento non è più quel che facciamo, ma quel che ci succede. Come scrisse François Furet nelPassato di un'illusione, "l'idea di un'altra società è diventata quasi impossibile da pensare". I governi, la politica, non determinano più un progetto, lo accompagnano semplicemente. Ci ritroviamo a dibattere su alcuni argomenti, come l'immigrazione, a cose ormai fatte. E così ci sentiamo "condannati a vivere nel mondo nel quale viviamo" per riprendere ancora una citazione di Furet".

Cosa rende, secondo lei, così infelice la Francia?

"Il nostro modello di integrazione non funziona più. In alcuni quartieri o città, le leggi francesi non vengono rispettate. C'è un disagio sempre piùprofondo rispetto a rivendicazioni religiose e culturali che vogliono scardinare le fondamenta della nostra République.

I professori che lavorano in alcuni licei dibanlieue denunciano l'aumento dell'antisemitismo, del sessismo, della francofobia. Ormai l'insulto "sporco francese" è sempre più diffuso. La Francia si è costruita sul modello dell'assimilazione, un sistema di accoglienza alla pari: l'immigrato rinunciava a qualcosa ma in cambio aveva moltissimo".

Teme che avanzi il modello multiculturale?

"Da figlio di immigrati, mi sento in debito verso la Francia. A scuola nessuno mi chiedeva da dove venivo, in quale religione credevo. Oggi invece ogni immigrato è catalogato per paese, cultura, religione. Bisogna rispettare ogni differenza. Viene proposta una società inclusiva, in cui ognuno arriva con il suo bagaglio e rimane così com'è. Dietro a questa apparente generosità, c'è in un impoverimento dell'ospitalità francese e un abbaglio: la società inclusiva non risolverà la crisi della convivenza.

Le culture non si mettono accanto come negli scaffali del supermercato, dove il sushi sta bene vicino alla paella. Gli stili di vita possono confliggere".

Lei però attacca una cultura e religione in particolare?

"Non sto facendo alcuna discriminazione, fotografo solo la realtà. Il rischio oggi è minimizzare, chiudere gli occhi. È vero che durante le altre ondate di immigrazione in Francia abbiamo conosciuto tensioni, anche gravi, ma laRépublique non era mai stata contestata nei suoi principi fondamentali. Nessuno sta insultando l'Islam. Dobbiamo dire che esistono regole di convivenza che non possono essere messe in discussione. Quando si fa una legge per vietare il velo nelle scuole, non si escludono le ragazze: si esclude semplicementeil velo".

In L'Ebreo Immaginario aveva già fatto una riflessione sull'identità della diaspora. C'è un legame?

"In quanto ebreo, sono consapevole che, in passato, il concetto di identità è servito per discriminazioni e massacri. Ho criticato Nicolas Sarkozy quando halanciato il suo controverso dibatitto sull'identità nazionale. Poi però ho trovato incomprensibile l'indignazione di alcuni intellettuali che esageravano nell'altro senso. Non è perché comunichiamo con tutti, nel cosiddetto villaggio globale, che sono scomparse le frontiere. Siamo esseri incarnati, viviamo in un luogo fisico, che determina le nostre emozioni, Se l'Italia dichiara il lutto nazionale per le vittime dell'alluvione in Sardegna significa che c'è un sentire comune, che in questo caso non coinvolge i francesi. La nazione è lo spazio in cui ciò che arriva all'altro succede anche a me. Il relativismo culturale è la base del nichilismo: perdiamo il senso del tragico".

Quando si è sentito per la prima volta francese?

"A poco a poco, per shock successivi. Da giovane il mio impegno politico era apolide. Sono stato gauchiste, come tutti quelli della mia generazione, contro il "Sistema", la "Dominazione", come scriveva Pierre Bourdieu. Poi ho incominciato a leggere le testimonianze dei dissidenti comunisti e mi sono resoconto dell'importanza della democrazia. Sono diventato un antitotalitarista. Solo alla fine degli anni Ottanta, quando sono incominciate le prime querelle sul velo islamico nelle scuole, mi sono sentito difensore della République.

Fino ad allora non mi ero mai interrogato sull'interpretazione francese della democrazia, molto diversa da quella di americani, britannici e forse anche dagli italiani. Sulla laicità, ad esempio, siamo un esempio quasi unico al mondo: le leggi che abbiamo fatto qui in Francia sono considerate liberticide in altre democrazie. Insomma, sono diventato francese invecchiando, sentendo in pericolo tutto ciò che questo paese ha dato a me e alla mia famiglia".

 

sabato 7 dicembre 2013

UNA FORGIA E UNA FALCE - RAYMOND CARVER

Un minuto fa avevo le finestre aperte
e c’era il sole. Tiepide brezze
attraversavano la stanza.
(L’ho scritto anche in una lettera.)
Poi, sotto i miei occhi, si è fatto buio.
Il mare ha cominciato a incresparsi
e le barche da diporto che erano a pesca
hanno virato e sono rientrate, una flottiglia.
Il tintinnabolo sotto al portico è caduto
di colpo sotto una raffica. le cime degli alberi
tremavano. Il tubo della stufa cigolava e sbatteva
trattenuto dai tiranti.
Ho detto: "Una forgia e una falce”.
Certe volte parlo da solo, così.
Nomino certe cose:
argano, gomna limo, foglia, fornace.
Il tuo volto, la tua bocca, le tue spalle
ora sono per me inconcepibili!
Che fine hanno fatto? E’come se
li avessi sognati. I sassi che abbiamo portato
a casa dalla spiaggia se ne stanno lì
sul davanzale a raffreddarsi.
Torna a casa. Mi senti?
I miei polmoni sono pieni del fumo
della tua assenza.

UN INVITO.

Che alcune donne diventino particolarmente di cattivo umore in “quei giorni” è risaputo. Il fatto che questo possa portare anche ad un omicidio, è meno scontato.
Eppure, la 29enne inglese Sandie Craddock proprio “a causa dello squilibrio ormonale legato alla sindrome pre-mestruale” ha ucciso a coltellate un suo collega di lavoro nel bar dove lavoravano. Non è noto cosa abbia fatto scattare esattamente la molla dell’aggressione.
Quello che è noto però che che il giudice ha identificato a motivazione dell’aggressione, come detto, alla sindrome premestrurale e pertanto ha deciso di derubricare l’accusa da omicidio volontario a omicidio colposo. La Craddock pertanto non ha avuto una condanna detentiva, ma è stata solo condannata con la condizionale, e le è stato imposto una cura di progeterone.
La Craddock infatti avrebbe avuto una forma particolarmente acuta di sindrome, ed “in quei giorni” avrebbe più volte effettuato aggressioni (guadagnandosi 30 denunce) e tentato più volte il suicidio. Purtroppo per la vittima, solo dopo l’omicidio questi episodi sono stati ricondotti al ciclo mestruale.

  1.  

CRISTIANO CACCAMO

 

 

 

venerdì 6 dicembre 2013

MEDITAZIONI DEL DALAI LAMA

Certo la vita in Occidente è molto affannata e piena di distrazioni. Ma volendo, se ci si impegna, si riesce a ritagliare spazi per l'attività spirituale. Io dico sempre che, invece di fare lunghi weekend o le ore piccole per divertirsi, ci si può svegliare presto la mattina e godersi le emozioni della natura che si risveglia.

 

giovedì 5 dicembre 2013

TOO MANY FRIENNDS - PLACEBO

 

Senza titolo

 

OROSCOPO DEL 5 DICEMBRE

Scommetto che nei tuoi sogni notturni viaggi attraverso paesaggi remoti nelle condizioni atmosferiche più varie. Forse ricrei il viaggio dei navigatori polinesiani che 1.500 anni fa remarono attraverso il Pacifico per centinaia di miglia fino a scoprire le isole Hawaii. Visiti i luoghi in cui vivevano i tuoi antenati o migri verso il primo insediamento umano su Marte. Cosa significano questi sogni? Penso che tu stia cercando di stupire te stesso. Il tuo io profondo e la tua saggezza stanno congiurando per inondarti di nuovi modi di vedere la realtà.

A metà dell’ottocento, le fortune degli artisti francesi erano legate al Salon, un’istituzione statale che ostacolava tutte le nuove correnti, come l’impressionismo. Tra i pittori che si ribellarono alla sua autorità c’era Camille Pissarro. Quando gli chiesero: “Qual è il modo migliore per favorire l’evoluzione dell’arte francese?”, rispose: “Dare fuoco al Louvre”. A giudicare dai tuoi presagi astrali, ho idea che potresti esprimerti con un simbolismo simile a quello di Pissarro. Anche per te è arrivato il momento di affrancarti da tradizioni che non nutrono più il tuo spirito e cercare nuove influenze.

 

mercoledì 4 dicembre 2013

PAUL SALOPEK

Trentatremila chilometri, quattro continenti, sette anni in viaggio. A piedi. Per un totale di 30 milioni di passi, più o meno. Paul Salopek - 51 anni, giornalista e scrittore, ex inviato di guerra e corrispondente dall'Africa, due premi Pulitzer vinti - sta girando il mondo sulle orme (e con i mezzi) dei nostri antenati, i primi uomini che circa 60 mila anni fa lasciarono l'Africa e in poche migliaia di anni riuscirono a colonizzare l'intero pianeta.

È partito a gennaio da Herto Bouri, un villaggio nel cuore dell'altopiano etiopico dove sono stati trovati i resti fossili di una delle più antiche specie di ominidi. Ha attraversato il deserto della Dancalia in compagnia di una guida e di un paio di dromedari, fino a Gibuti, dove si è imbarcato per l'Arabia Saudita. Proseguirà per il Medio Oriente, attraverserà l'Asia centrale, risalirà dalla Cina fino alla Russia siberiana, passerà in nave lo Stretto di Bering, sbarcherà in Alaska e scenderà lungo tutta la costa occidentale del continente americano, sempre camminando, "a cinque chilometri l'ora, la velocità per cui è programmato il nostro corpo", dice. La meta finale è la Terra del Fuoco, il punto più lontano raggiunto dall'uomo nella sua colonizzazione delle terre emerse. Se tutto va secondo i programmi, ci arriverà nel 2020.

Oltre a un cambio d'abito, qualche medicina, cibo e acqua, carta e matita, Salopek porta nello zaino un telefono satellitare e un computer portatile. Aggiorna costantemente il suo blog e ogni tanto si affaccia su twitter. Ma alla velocità con cui le informazioni si diffondono nell'era della rete contrappone il suoslow journalism, una filosofia che per sua stessa ammissione ricorda quella di Slow Food. "La sintetizzerei in una parola: qualità", spiega, raggiunto al telefono durante una pausa del suo viaggio. "Qualità nel cibo è un pomodoro cresciuto al sole invece che sottoposto a trattamenti chimici che accelerano la maturazione. Qualità nella scrittura significa poter approfondire, fare collegamenti, scoprire che cosa c'è dietro un titolo di giornale o una notizia riassunta in 30 secondi da un servizio in tv".

Dove si trova adesso?

"Sono in Giordania, ho appena attraversato il confine con l'Arabia Saudita. Finora ho percorso più o meno 2.000 chilometri".

Come si sente fisicamente? I piedi?

"Sto molto bene, non ho avutograndi problemi. È tutta la vita che cammino, quindi direi che anche i piedi sono abituati".

Quante paia di scarpe ha consumato?

"Uno solo, ma ormai è ridotto a brandelli. Dovrò comprarmene uno nuovo".

Com'è la sua giornata?

"Finora ho viaggiato soprattutto in terreni desertici, tra Etiopia e Penisola arabica. Abbiamovissuto un po' come i beduini di 100, 200 anni fa: sveglia all'alba, colazione con un sorso di tè e un pezzo di pane e formaggio, poi camminare fino al tramonto, accamparsi per la notte, eccetera. Man mano che mi avvicino al nord del mondo il paesaggio cambierà, sarà dominato dalle automobili, ci sarà più gente, e certo non potrò dormire all'aperto. Dovrò chiedere ospitalitàin giro, cambierà anche il mio modo di scrivere".

Viaggia da solo o in compagnia?

"Cercherò di essere sempre accompagnato. Amo la natura, amo stare all'aria aperta, ma questo progetto riguarda soprattutto la gente, gli esseri umani. Finora ho camminato con pastori nomadi, giornalisti disoccupati, lavoratori dei pozzi di petrolio in vacanza, soldati in congedo: tutte queste persone sono una finestra sulla comunità in cui vivono. Se viaggiassi da solo diventerebbe molto noioso: rischierei di raccontare solo i pensieri che mi vengono in testa".

Si ferma ogni tanto?

"Certo, per approfondire meglio una storia, o per riposarmi, raccogliere informazioni, scrivere. Sono stato fermo in città per tutto il mese di Ramadan: tutti digiunavano, me compreso, e andare in giro nel deserto a digiuno non è molto prudente".

C'è un incontro che l'ha colpita più degli altri?

"Per attraversare il Mar Rosso da Gibuti all'Arabia Saudita, mi sono fatto dare un passaggio da una nave cammelliera. Portava 9.000 dromedari al macello, quindi era già un viaggio malinconico. In più, gli ufficiali della nave erano tutti siriani, lontani dal loro paese in guerra. Parlando con loro ho capito che cosa significa essere senza patria, non avere più un posto dove tornare".

Il suo articolo per National Geographic [è la storia di copertina del numero di dicembre, ndr] comincia con il suo incontro con un pastore etiope che le chiede: "Sei pazzo?". Quante volte si è posto la stessa domanda in questi mesi?

"È una domanda che mi faccio da un sacco di tempo, quindi questo viaggio non cambia molto le cose. Voglio chiarire però che non sono partito per portare a termine un'impresa sportiva, non voglio entrare nel Guinness dei Primati. Sono qui perché penso che andando più piano il mio lavoro migliorerà, avrò più storie significative da raccontare. Se smettessi di trovarlo interessante, potrei fermarmi anche domani. Ma finora è stato interessantissimo".

 

INDIRECTLY

 

lunedì 2 dicembre 2013

PARLARE FRANCESE

 

1 A parlare francese sono buoni tutti: impara a scriverlo. 2 Non capisci cosa ti dicono? Rispondi putain con tono sorpreso. La metà delle volte funziona. 3 I voilà e quoi non sono mai troppi. 4 Non ti arrovellare sulla pronuncia della erre: tanto non ce la farai mai. 5 Se vuoi un accento parigino, basta fare un’espressione schifata quando parli.

 

 

SESSO, ECCITAZIONE AD ARTE- BETTINA ZAGNOLI

Helmut Newton racconta nella sua autobiografia che da ragazzo era solito frequentare una piscina di Berlino: allora – parliamo degli anni ’30 – le nuotatrici indossavano costumi di lana sottile che aderivano al corpo. Il tessuto impiegava molto tempo ad asciugarsi e i capezzoli rimanevano a lungo turgidi. Quell’immagine gli rimase impressa e diede origine a fantasie e a momenti di grande soddisfazione “en solitaire”.

Il corpo femminile è bellissimo ed ancor più eccitante è scoprirlo ed ornarlo. Edouard Manet dipinse Olympia nuda con un nastrino che le cinge il collo.

E la Venere dormiente di Dirk de Quade van Ravesteyn è “vestita” con un lungo gioiello che le si avventura tra il seno.

Sui Social Network è fin nauseante l’esibizionismo di gambe, piedi, seni e ammiccamenti vari. Frasi pseudo seduttive in cui si cita la sensualità della donna nuda che indossa solo i tacchi per essere avvenente. Hanno scoperto l’acqua calda.

E’ vero che l’uomo si intriga a guardare. Allora perché non provare a scoprirsi in privato e a evitare di esibire troppo in pubblico? Proviamo a stupire e a stupirci e torniamo ad imparare l’arte del nascondere e successivamente mostrare con voluttà.

Indossare un tubino accollato, un pullover e pantaloni maschili per poi rivelare una culotte open (aperta sui glutei). Oppure uno stringivita trasparente da cui fa capolino l’ombelico e che mette in risalto il seno e i fianchi. Ma anche una sottile catena dorata attorno alla vita, o una cravatta con cui poi si potrà giocare.

Purtroppo oggi un capezzolo sotto un tessuto bagnato non fa più sognare, caro adorato Helmut.

 

domenica 1 dicembre 2013

TAKE IT BACK -PINK FLOYD

 

LA FESTA DELL'INSIGNIFICANZA - MILAN KUNDERA

Gettare una luce sui problemi più seri e al tempo stesso non pronunciare una sola frase seria, subire il fascino della realtà del mondo contemporaneo e al tempo stesso evitare ogni realismo - ecco "La festa dell'insignificanza". Chi conosce i libri di Kundera sa che il desiderio di incorporare in un romanzo una goccia di "non serietà" non è cosa nuova per lui. Nell'Immortalità Goethe e Hemingway se ne vanno a spasso per diversi capitoli, chiacchierano, si divertono. Nella Lentezza, Vera, la moglie dell'autore, lo mette in guardia: "Mi hai detto tante volte che un giorno avresti scritto un romanzo in cui non ci sarebbe stata una sola parola seria ... Ti avverto però: sta' attento". Ora, anziché fare attenzione, Kundera ha finalmente realizzato il suo vecchio sogno estetico - e "La festa dell'insignificanza" può essere considerato una sintesi di tutta la sua opera. Una strana sintesi. Uno strano epilogo. Uno strano riso, ispirato dalla nostra epoca che è comica perché ha perduto ogni senso dell'umorismo.

 

SIMONE WEIL

Essere nulla per essere al proprio vero posto nel tutto