E’ il tradimento dell’appagamento questo cielo d’ottobre: diluito nella dissolvenza serale, confessa le mie futilità.
Guardando Teresa trovo riflessi i miei propositi: nei suoi occhi stretti e neri quasi una profondità spettrale. E cadendo e morendo, ribrezzo davanti ai bicchierini sudici,
E per terra, tra gli spasmi, terrore nel sentire bruciare ancora la ferita del morso di Camillo.
Il curioso caso di Benjamin Button di Francis Scott Fitzgerald
La vita scorre all'indietro, per Benjamin Button. In un giorno d'estate del 1860, per un inspiegabile scherzo del destino, lui nasce già vecchio: un uomo dell'apparente età di settant'anni, dentro una culla. E poi comincia a ringiovanire, muovendosi controcorrente rispetto alla storia. Mentre la buona borghesia di Baltimora, a cui appartiene anche suo padre, osserva con un misto di meraviglia, imbarazzo e riprovazione.
Durante una delle sue passeggiate in Provenza, Jean Giono ha incontrato una personalità indimenticabile: un pastore solitario e tranquillo, di poche parole, che provava piacere a vivere lentamente, con le pecore e il cane. Nonostante la sua semplicità e la totale solitudine nella quale viveva, quest'uomo stava compiendo una grande azione, un'impresa che avrebbe cambiato la faccia della sua terra e la vita delle generazioni future. Una parabola sul rapporto uomo-natura, una storia esemplare che racconta "come gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre la distruzione".
Un mystery, una storia d'amore, una grande rievocazione storica: nella sua opera più ambiziosa e acclamata, Ken Follett tocca una dimensione epica, trasportandoci nell'Inghilterra medievale al tempo della costruzione di una cattedrale gotica. Intreccio, azione e passioni si sviluppano così sullo sfondo di un'era ricca di intrighi e cospirazioni, pericoli e minacce, guerre civili, carestie, conflitti religiosi e lotte per la successione al trono. Con la stessa suspense che caratterizza tutti i suoi thriller, Follett ricrea un'epoca scomparsa e affascinante. Foreste, castelli e monasteri sono l'avvolgente paesaggio, mosso dai ritmi della vita quotidiana e dalla pressione di eventi storici e naturali entro il quale per circa quarant'anni si confrontano e si scontrano le segrete aspirazioni e i sentimenti dei protagonisti - monaci, mercanti, artigiani, nobili, fanciulle misteriose -, vittime o pedine di avvenimenti che ne segnano i destini e rimettono continuamente in discussione la costruzione della cattedrale.
Perchè la personalità di un uomo riveli qualità veramente eccezionali, bisogna avere la fortuna di poter osservare la sua azione nel corso di lunghi anni. Se tale azione è priva di ogni egoismo, se l'idea che la dirige è di una generosità senza pari, se con assoluta certezza non ha mai ricercato alcuna ricompensa e per di più ha lasciato sul mondo tracce visibili, ci troviamo allora, senza rischio d'errore, di fronte a una personalità indimenticabile.
La birra annacquata e le bocche tese verso pane di miglio e zuppa di rape. La sofferenza germoglia attorno agli occhi diramata nelle espressioni cupe e nere dei vescovi algidi e dei buoni muratori. Ma gli occhi dorati di Ellen sono uova di pettirosso, liberi d'azzurro fanno respirare il medioevo.
Tentò la fuga in tram verso le sei del mattino dalla bottiglia di orzata dove galleggia Milano non fu difficile seguirlo
il poeta della Baggina la sua anima accesa mandava luce di lampadina gli incendiarono il letto sulla strada di Trento
riuscì a salvarsi dalla sua barba un pettirosso da combattimento
I Polacchi non morirono subito e inginocchiati agli ultimi semafori rifacevano il trucco alle troie di regime lanciate verso il mare
i trafficanti di saponette mettevano pancia verso est chi si convertiva nel novanta ne era dispensato nel novantuno
la scimmia del quarto Reich ballava la polka sopra il muro e mentre si arrampicava le abbiamo visto tutto il culo
la piramide di Cheope volle essere ricostruita in quel giorno di festa masso per masso schiavo per schiavo comunista per comunista
La domenica delle salme non si udirono fucilate il gas esilarante presidiava le strade la domenica delle salme si portò via tutti i pensieri e le regine del ‘’tua culpa’’ affollarono i parrucchieri
Nell’assolata galera patria il secondo secondino disse a ‘’Baffi di Sego’’ che era il primo si può fare domani sul far del mattino e furono inviati messi fanti cavalli cani ed un somaro ad annunciare l’amputazione della gamba di Renato Curcio il carbonaro
il ministro dei temporali in un tripudio di tromboni auspicava democrazia con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni voglio vivere in una città dove all’ora dell’aperitivo non ci siano spargimenti di sangue o di detersivo a tarda sera io e il mio illustre cugino De Andrade eravamo gli ultimi cittadini liberi di questa famosa città civile perché avevamo un cannone nel cortile
La domenica delle salme nessuno si fece male tutti a seguire il feretro del defunto ideale la domenica delle salme si sentiva cantare quant’è bella giovinezza non vogliamo più invecchiare
Gli ultimi viandanti si ritirarono nelle catacombe accesero la televisione e ci guardarono cantare per una mezz’oretta poi ci mandarono a cagare voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio coi pianoforti a tracolla travestiti da Pinocchio voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti per l’Amazzonia e per la pecunia nei palastilisti e dai padri Maristi voi avete voci potenti lingue allenate a battere il tamburo voi avevate voci potenti adatte per il vaffanculo
La domenica delle salme gli addetti alla nostalgia accompagnarono tra i flauti il cadavere di Utopia la domenica delle salme fu una domenica come tante il giorno dopo c’erano i segni di una pace terrificante mentre il cuore d’Italia da Palermo ad Aosta si gonfiava in un coro di vibrante protesta
Sono corrotto dal Calvados, dalle ricette elaborate, dal parmigiano e dalle ostriche di Ostenda. E sbriciolo sul pavimento del Balkan o delle foglie di tabacco fresco.
Cosa galleggia tra il vino rosso che faccio roteare per lo stelo?
La mia agenda di marocchino è vuota ed il thè che sorseggio non risponde alle aspettative.
In giardino il ciliegio è fiorito agli scoppi del nuovo sole, il quartiere si è presto riempito di neve di pioppi e di parole. All' una in punto si sente il suono acciottolante che fanno i piatti, le TV son un rombo di tuono per l' indifferenza scostante dei gatti; come vedi tutto è normale in questa inutile sarabanda, ma nell' intreccio di vita uguale soffia il libeccio di una domanda, punge il rovaio d' un dubbio eterno, un formicaio di cose andate, di chi aspetta sempre l' inverno per desiderare una nuova estate...
Son tornate a sbocciare le strade, ideali ricami del mondo, ci girano tronfie la figlia e la madre nel viso uguali e nel culo tondo, in testa identiche, senza storia, sfidando tutto, senza confini, frantumano un attimo quella boria grida di rondini e ragazzini; come vedi tutto è consueto in questo ingorgo di vita e morte, ma mi rattristo, io sono lieto di questa pista di voglia e sorte, di questa rete troppo smagliata, di queste mete lì da sognare, di questa sete mai appagata, di chi starnazza e non vuol volare...
Appassiscono piano le rose, spuntano a grappi i frutti del melo, le nuvole in alto van silenziose negli strappi cobalto del cielo. Io sdraiato sull' erba verde fantastico piano sul mio passato, ma l' età all' improvviso disperde quel che credevo e non sono stato; come senti tutto va liscio in questo mondo senza patemi, in questa vista presa di striscio, di svolgimento corretto ai temi, dei miei entusiasmi durati poco, dei tanti chiasmi filosofanti, di storie tragiche nate per gioco, troppo vicine o troppo distanti...
Ma il tempo, il tempo chi me lo rende? Chi mi dà indietro quelle stagioni di vetro e sabbia, chi mi riprende la rabbia e il gesto, donne e canzoni, gli amici persi, i libri mangiati, la gioia piana degli appetiti, l' arsura sana degli assetati, la fede cieca in poveri miti? Come vedi tutto è usuale, solo che il tempo stringe la borsa e c'è il sospetto che sia triviale l' affanno e l' ansimo dopo una corsa, l' ansia volgare del giorno dopo, la fine triste della partita, il lento scorrere senza uno scopo di questa cosa... che chiami... vita
Più lontano della luna, più lontano del mio cuore Sono sempre le stesse parole che si scrivono sui muri Mi hai fottuto un'altra volta coi tuoi baci al veleno Vorrei essere cattivo Ma quello che siamo è quello che abbiamo E quello che abbiamo si vede
Più lontano della luna Anche più lontano di un'altra città Del mio amore dovrai spogliarti Dovrai spogliarti ora
I bambini stanno bene Per loro ogni giorno è differente Ci mancavi alla tua festa Ma quello che siamo è quello che abbiamo E' come la gente ci vede
Che vita è questa, che vita è stata Mai più saggezza, mai più Se c'è un rimedio io corro da te Senza una mano che mi sfiori Io corro da te
Se questo orgoglio è un gran sentimento Come la gente dice Io non sopporto di giorno e di notte Il male che mi fa
Che vita è questa, che vita sarà Mai più saggezza, mai più Se c'è un rimedio io corro da te Senza una mano che mi sfiori Io corro da te
Un campo di grano e lo spazio profondo Sono tutta una strada Senza una luce ti devo cercare Oh povero me
Nessuno sa, nessuno mi vede Che corro da te Mai più saggezza, mai più L'amore è forte, Dio lo sa Se ci vorrebbe fedeltà L'amore è grande e io sto qua In una città lontana In una città straniera
Che vita è questa, che vita sarà Mai più saggezza, mai più
Alle lenzuola zafferano campi dello stesso fiore e l’immenso limpido dove immote e lente le mongolfiere salgono diagonali.
Una sedia sola vuota sul cotto d’Impruneta nella terrazza larga e il primo sentore vaga dai cespugli di ginestra fino allo stupore della tazza che ho fra le mani.
Lontano lontano oltre Milano oltre i gasometri oltre i manometri oltre i chilometri e i binari del tram Lontano lontano molto lontano oltre l'acqua corrente e l'elettricità Là voglio arrendermi in braccio a una musica che chiude il discorso delle affinità forte petomane scritta dal diavolo in spregio evidente della civiltà Forse tu non mi amerai mi incontrerai sorriderai ma non mi amerai Forse tu non mi amerai mi ascolterai mi seguirai ma non mi amerai La luna la luna degli ululati lascia ai poeti della classicità Là voglio arrendermi in braccio a una musica che chiude il discorso dell'urbanità forte petomane scritta dal diavolo in spregio solenne dell'umanità Forse tu non mi amerai mi parlerai mi abbraccerai ma non mi amerai
Woland, incarnazione di Satana, capita nella Mosca degli anni '20. Con interventi magici sconvolge l'ambiente teatrale e letterario, smascherando soprusi e favoritismi. Aiuta soprattutto il Maestro, scrittore vittima della censura per un romanzo su Pilato (di cui vengono riportati nella narrazione alcuni capitoli, quelli relativi alla condanna a morte di Cristo). Rinchiuso in manicomio, come indesiderabile, viene liberato grazie all'intervento di Margherita, la donna da lui amata, che accetta di diventare strega e per una notte guidare il gran sabba di Satana.