domenica 29 marzo 2009

ELZEARD BOUFFIER


Voglio solo passeggiare....
e approfittare del silenzio

Non mi interessa altro
che la bellezza della forra
e la lentezza del movimento
dell'erba

Dono il pane raffermo
come sento la nostalgia
delle nuvole sfuggenti

IL MORSO DI CAMILLO


Sono alla fine dei giorni, oramai.

Oltre l’inseguimento.

E avverto l’affanno e lo spreco.

E’ il tradimento dell’appagamento
questo cielo d’ottobre:
diluito nella dissolvenza serale,
confessa le mie futilità.

Guardando Teresa trovo
riflessi i miei propositi:
nei suoi occhi stretti e neri
quasi una profondità spettrale.
E cadendo e morendo,
ribrezzo davanti ai bicchierini sudici,

E per terra, tra gli spasmi,
terrore nel sentire bruciare ancora
la ferita del morso di Camillo.

APPENA LETTO... IL CURIOSO CASO DI BENJAMIN BUTTON di FRANCIS SCOTT FITZGERALD


Il curioso caso di Benjamin Button di Francis Scott Fitzgerald

La vita scorre all'indietro, per Benjamin Button. In un giorno d'estate del 1860, per un inspiegabile scherzo del destino, lui nasce già vecchio: un uomo dell'apparente età di settant'anni, dentro una culla. E poi comincia a ringiovanire, muovendosi controcorrente rispetto alla storia. Mentre la buona borghesia di Baltimora, a cui appartiene anche suo padre, osserva con un misto di meraviglia, imbarazzo e riprovazione.

APPENA LETTO... L'UOMO CHE PIANTAVA GLI ALBERI di JEAN GIONO


L'uomo che piantava gli alberi di Jean Giono


Durante una delle sue passeggiate in Provenza, Jean Giono ha incontrato una personalità indimenticabile: un pastore solitario e tranquillo, di poche parole, che provava piacere a vivere lentamente, con le pecore e il cane. Nonostante la sua semplicità e la totale solitudine nella quale viveva, quest'uomo stava compiendo una grande azione, un'impresa che avrebbe cambiato la faccia della sua terra e la vita delle generazioni future. Una parabola sul rapporto uomo-natura, una storia esemplare che racconta "come gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre la distruzione".

APPENA LETTO... I PILASTRI DELLA TERRA di KEN FOLLETT



I pilastri della terra di Ken Follett

Un mystery, una storia d'amore, una grande rievocazione storica: nella sua opera più ambiziosa e acclamata, Ken Follett tocca una dimensione epica, trasportandoci nell'Inghilterra medievale al tempo della costruzione di una cattedrale gotica. Intreccio, azione e passioni si sviluppano così sullo sfondo di un'era ricca di intrighi e cospirazioni, pericoli e minacce, guerre civili, carestie, conflitti religiosi e lotte per la successione al trono. Con la stessa suspense che caratterizza tutti i suoi thriller, Follett ricrea un'epoca scomparsa e affascinante. Foreste, castelli e monasteri sono l'avvolgente paesaggio, mosso dai ritmi della vita quotidiana e dalla pressione di eventi storici e naturali entro il quale per circa quarant'anni si confrontano e si scontrano le segrete aspirazioni e i sentimenti dei protagonisti - monaci, mercanti, artigiani, nobili, fanciulle misteriose -, vittime o pedine di avvenimenti che ne segnano i destini e rimettono continuamente in discussione la costruzione della cattedrale.

BIANTE

La maggioranza degli uomini è cattiva

PITTACO DI MITILENE

E' difficile essere buoni

PITTACO DI MITILENE

Ciò che stai per fare non dirlo

sabato 28 marzo 2009

LA CONSISTENZA DEGLI ATTIMI


Bisogna saper dare agli attimi la consistenza
dell’albicocca
e al loro contorno il silenzio agrumato e brillante
delle spezie colorate.

Nella voce
donare il movimento alla parola
solo con la parsimonia della certezza.

Bisogna mai sopire il cuore
nemmeno quando a perdersi
pare la leggerezza ridente
dell’erba alta e dei bambini al gioco

JEAN GIONO


Perchè la personalità di un uomo riveli qualità veramente eccezionali, bisogna avere la fortuna di poter osservare la sua azione nel corso di lunghi anni. Se tale azione è priva di ogni egoismo, se l'idea che la dirige è di una generosità senza pari, se con assoluta certezza non ha mai ricercato alcuna ricompensa e per di più ha lasciato sul mondo tracce visibili, ci troviamo allora, senza rischio d'errore, di fronte a una personalità indimenticabile.

ELLEN


La birra annacquata e le bocche tese
verso pane di miglio e zuppa di rape.
La sofferenza germoglia attorno agli occhi
diramata nelle espressioni cupe e nere
dei vescovi algidi e dei buoni muratori.
Ma gli occhi dorati di Ellen
sono uova di pettirosso,
liberi d'azzurro
fanno respirare
il medioevo.

PLAYING LOVE da LA LEGGENDA DEL PIANISTA SULL'OCEANO

giovedì 26 marzo 2009

LA DOMENICA DELLE PALME di FABRIZIO DE ANDRE'



Tentò la fuga in tram
verso le sei del mattino
dalla bottiglia di orzata
dove galleggia Milano
non fu difficile seguirlo

il poeta della Baggina
la sua anima accesa
mandava luce di lampadina
gli incendiarono il letto
sulla strada di Trento

riuscì a salvarsi dalla sua barba
un pettirosso da combattimento

I Polacchi non morirono subito
e inginocchiati agli ultimi semafori
rifacevano il trucco alle troie di regime
lanciate verso il mare

i trafficanti di saponette
mettevano pancia verso est
chi si convertiva nel novanta
ne era dispensato nel novantuno

la scimmia del quarto Reich
ballava la polka sopra il muro
e mentre si arrampicava
le abbiamo visto tutto il culo

la piramide di Cheope
volle essere ricostruita in quel giorno di festa
masso per masso
schiavo per schiavo
comunista per comunista

La domenica delle salme
non si udirono fucilate
il gas esilarante
presidiava le strade
la domenica delle salme
si portò via tutti i pensieri
e le regine del ‘’tua culpa’’
affollarono i parrucchieri

Nell’assolata galera patria
il secondo secondino
disse a ‘’Baffi di Sego’’ che era il primo
si può fare domani sul far del mattino
e furono inviati messi
fanti cavalli cani ed un somaro
ad annunciare l’amputazione della gamba
di Renato Curcio
il carbonaro

il ministro dei temporali
in un tripudio di tromboni
auspicava democrazia
con la tovaglia sulle mani e le mani sui coglioni
voglio vivere in una città
dove all’ora dell’aperitivo
non ci siano spargimenti di sangue
o di detersivo
a tarda sera io e il mio illustre cugino De Andrade
eravamo gli ultimi cittadini liberi
di questa famosa città civile
perché avevamo un cannone nel cortile

La domenica delle salme
nessuno si fece male
tutti a seguire il feretro
del defunto ideale
la domenica delle salme
si sentiva cantare
quant’è bella giovinezza
non vogliamo più invecchiare

Gli ultimi viandanti
si ritirarono nelle catacombe
accesero la televisione e ci guardarono cantare
per una mezz’oretta
poi ci mandarono a cagare
voi che avete cantato sui trampoli e in ginocchio
coi pianoforti a tracolla travestiti da Pinocchio
voi che avete cantato per i longobardi e per i centralisti
per l’Amazzonia e per la pecunia
nei palastilisti
e dai padri Maristi
voi avete voci potenti
lingue allenate a battere il tamburo
voi avevate voci potenti
adatte per il vaffanculo

La domenica delle salme
gli addetti alla nostalgia
accompagnarono tra i flauti
il cadavere di Utopia
la domenica delle salme
fu una domenica come tante
il giorno dopo c’erano i segni
di una pace terrificante
mentre il cuore d’Italia
da Palermo ad Aosta
si gonfiava in un coro
di vibrante protesta

sabato 21 marzo 2009

UN UOMO RIDICOLO


Sono corrotto dal Calvados,
dalle ricette elaborate, dal parmigiano
e dalle ostriche di Ostenda.
E sbriciolo sul pavimento
del Balkan o delle foglie di tabacco fresco.

Cosa galleggia tra il vino rosso
che faccio roteare per lo stelo?

La mia agenda di marocchino
è vuota
ed il thè che sorseggio
non risponde alle aspettative.

CUORE SACRO

mercoledì 18 marzo 2009

LETTERA di FRANCESCO GUCCINI



In giardino il ciliegio è fiorito agli scoppi del nuovo sole,
il quartiere si è presto riempito di neve di pioppi e di parole.
All' una in punto si sente il suono acciottolante che fanno i piatti,
le TV son un rombo di tuono per l' indifferenza scostante dei gatti;
come vedi tutto è normale in questa inutile sarabanda,
ma nell' intreccio di vita uguale soffia il libeccio di una domanda,
punge il rovaio d' un dubbio eterno, un formicaio di cose andate,
di chi aspetta sempre l' inverno per desiderare una nuova estate...

Son tornate a sbocciare le strade, ideali ricami del mondo,
ci girano tronfie la figlia e la madre nel viso uguali e nel culo tondo,
in testa identiche, senza storia, sfidando tutto, senza confini,
frantumano un attimo quella boria grida di rondini e ragazzini;
come vedi tutto è consueto in questo ingorgo di vita e morte,
ma mi rattristo, io sono lieto di questa pista di voglia e sorte,
di questa rete troppo smagliata, di queste mete lì da sognare,
di questa sete mai appagata, di chi starnazza e non vuol volare...

Appassiscono piano le rose, spuntano a grappi i frutti del melo,
le nuvole in alto van silenziose negli strappi cobalto del cielo.
Io sdraiato sull' erba verde fantastico piano sul mio passato,
ma l' età all' improvviso disperde quel che credevo e non sono stato;
come senti tutto va liscio in questo mondo senza patemi,
in questa vista presa di striscio, di svolgimento corretto ai temi,
dei miei entusiasmi durati poco, dei tanti chiasmi filosofanti,
di storie tragiche nate per gioco, troppo vicine o troppo distanti...

Ma il tempo, il tempo chi me lo rende? Chi mi dà indietro quelle stagioni
di vetro e sabbia, chi mi riprende la rabbia e il gesto, donne e canzoni,
gli amici persi, i libri mangiati, la gioia piana degli appetiti,
l' arsura sana degli assetati, la fede cieca in poveri miti?
Come vedi tutto è usuale, solo che il tempo stringe la borsa
e c'è il sospetto che sia triviale l' affanno e l' ansimo dopo una corsa,
l' ansia volgare del giorno dopo, la fine triste della partita,
il lento scorrere senza uno scopo di questa cosa... che chiami... vita

lunedì 9 marzo 2009

IL RIMEDIO di IVANO FOSSATI



Più lontano della luna, più lontano del mio cuore
Sono sempre le stesse parole che si scrivono sui muri
Mi hai fottuto un'altra volta coi tuoi baci al veleno
Vorrei essere cattivo
Ma quello che siamo è quello che abbiamo
E quello che abbiamo si vede

Più lontano della luna
Anche più lontano di un'altra città
Del mio amore dovrai spogliarti
Dovrai spogliarti ora

I bambini stanno bene
Per loro ogni giorno è differente
Ci mancavi alla tua festa
Ma quello che siamo è quello che abbiamo
E' come la gente ci vede

Che vita è questa, che vita è stata
Mai più saggezza, mai più
Se c'è un rimedio io corro da te
Senza una mano che mi sfiori
Io corro da te

Se questo orgoglio è un gran sentimento
Come la gente dice
Io non sopporto di giorno e di notte
Il male che mi fa

Che vita è questa, che vita sarà
Mai più saggezza, mai più
Se c'è un rimedio io corro da te
Senza una mano che mi sfiori
Io corro da te

Un campo di grano e lo spazio profondo
Sono tutta una strada
Senza una luce ti devo cercare
Oh povero me

Nessuno sa, nessuno mi vede
Che corro da te
Mai più saggezza, mai più
L'amore è forte, Dio lo sa
Se ci vorrebbe fedeltà
L'amore è grande e io sto qua
In una città lontana
In una città straniera

Che vita è questa, che vita sarà
Mai più saggezza, mai più

PRIMA ESTATE


Alle lenzuola zafferano
campi dello stesso fiore
e l’immenso limpido
dove immote e lente
le mongolfiere
salgono diagonali.

Una sedia sola vuota
sul cotto d’Impruneta
nella terrazza larga
e il primo sentore vaga
dai cespugli di ginestra
fino allo stupore della
tazza che ho fra le mani.

sabato 7 marzo 2009

CARO DIARIO

MOLTO LONTANO di PAOLO CONTE



Lontano lontano
oltre Milano
oltre i gasometri
oltre i manometri
oltre i chilometri
e i binari del tram
Lontano lontano
molto lontano
oltre l'acqua corrente
e l'elettricità
Là voglio arrendermi
in braccio a una musica
che chiude il discorso
delle affinità
forte petomane
scritta dal diavolo
in spregio evidente della civiltà
Forse tu non mi amerai
mi incontrerai
sorriderai
ma non mi amerai
Forse tu non mi amerai
mi ascolterai
mi seguirai
ma non mi amerai
La luna la luna
degli ululati
lascia ai poeti
della classicità
Là voglio arrendermi
in braccio a una musica
che chiude il discorso
dell'urbanità
forte petomane
scritta dal diavolo
in spregio solenne dell'umanità
Forse tu non mi amerai
mi parlerai
mi abbraccerai
ma non mi amerai

venerdì 6 marzo 2009

FEDOR MICHJLOVIC DOSTOEVSKIJ

"È difficile giudicare la bellezza; non vi sono ancora preparato. La bellezza è un enigma"

martedì 3 marzo 2009

APPENA LETTO... IL MAESTRO E MARGHERITA di MICHAIL BULGAKOV



Woland, incarnazione di Satana, capita nella Mosca degli anni '20. Con interventi magici sconvolge l'ambiente teatrale e letterario, smascherando soprusi e favoritismi. Aiuta soprattutto il Maestro, scrittore vittima della censura per un romanzo su Pilato (di cui vengono riportati nella narrazione alcuni capitoli, quelli relativi alla condanna a morte di Cristo). Rinchiuso in manicomio, come indesiderabile, viene liberato grazie all'intervento di Margherita, la donna da lui amata, che accetta di diventare strega e per una notte guidare il gran sabba di Satana.

ALMENO LO SGUARDO


Almeno lo sguardo illumina
e traspare
gli abiti di mussola,
i muri bianchi,
le porte di gattice.

Indistinto lo sguardo
pacifica le tonalità
nella purezza del lino bianco
nella miniatura dei tuoi occhi
nell’apparenza delle particelle.

Ma c’è rimedio a questa distanza
di stanza che rallenta la vista
come un invito
alla deframmentazione?