giovedì 28 novembre 2013

OROSCOPO DEL 28 NOVEMBRE 2013

Sono andato alla mia seduta di mentoring spirituale con la sacerdotessa intenzionato a scoprire qualche verità su di me che non conoscevo. Mi aspettavo rivelazioni sulla mia ignoranza oltre che sulle mie potenzialità. Mi serviva aiuto per affrontare i miei difetti oltre che per sfruttare i miei pregi. Ha funzionato. La sua guida è stata un potente catalizzatore. Sono riuscito a liberarmi delle sciocchezze che ero abituato a raccontarmi su me stesso. Ti auguro di vivere un’esperienza simile. Per accelerare i tempi, mettiti in cerca di una persona o di un’avventura che ti fornisca lo stesso tipo di stimolo che ho ricevuto io.

Mike Finnigan è un tastierista e cantante blues che ha lavorato con molti artisti importanti, tra cui Jimi Hendrix, Etta James, Leonard Cohen e i Los Lonely Boys. Il suo canto è primordiale, grintoso, fluido e tumultuoso. Capisco perfettamente perché Bonnie Raitt l’ha definito “una gustosa fetta di bacon”. Il suono della sua voce è morbido e succoso. Indovina di che segno è? Del Toro, naturalmente. Lo nomino tuo protettore della settimana, perché anche tu sei più vicino che mai a diventare una gustosa fetta di bacon.


mercoledì 27 novembre 2013

WOODY ALLEN

PARIGI - Nella maschera triste che è il viso di Woody Allen, l'euforia s'intuisce dallo scintillio degli occhi rimpiccioliti da lenti ogni anno più spesse. Ti accoglie in un salottino del glorioso hotel Le Bristol. Un paio di ritrovati successi hanno sollevato dalle sue spalle gracili il peso di un decennio opaco, prolifico quanto alterno nei risultati. Midnight in Paris ha scalato vette d'introiti sconosciute al cineasta newyorkese (56 milioni di dollari in Usa, 151 nel mondo) e in Blue Jasmine (in sala il 5 dicembre per Warner) l'Allen migliore, quello di Match Point per intenderci, mette in scena la crudele parabola di Jasmine, signora altoborghese in miseria dopo l'arresto del marito truffatore (alla Madoff), costretta a lasciare il lusso di Manhattan per una nuova vita nella periferia di San Francisco. "L'idea del film è venuta mentre pranzavo con mia moglie. Soon-yi mi ha raccontato dell'amica di un'amica, donna colta e ricchissima, yacht, ville, aerei privati, il cui stile di vita è collassato all'improvviso. Mi è sembrata una storia tragica e perfetta".


Il film fotografa lo stato d'animo di un'America ancora provata dalla crisi.

"Per pura coincidenza, la crisi ha regalato maggiore risonanza alla vicenda di Jasmine. Negli ultimi dieci anni in America tutti hanno perso: ricchi, classe media e poveri hanno fatto un passo indietro. Ma io sono partito dal dramma personale, storia vera e tragedia greca insieme. Una creatura dell'alta società precipita in una realtà insostenibile e matura l'orribile consapevolezza di essere stata strumento della propria distruzione".

L'interpretazione di Cate Blanchett è da Oscar.

"Il suo talento, la sua profondità hanno dato a Jasmine un'umanità che sulla carta non aveva, costringendo il pubblico a preoccuparsi per questa donna piena di difetti, pillole, alcol. Cate è la migliore della sua generazione. Ho sempre lavorato con le attrici migliori, Meryl Streep, Gena Rowland, Diane Keaton, Dianne Wiest. Tutte erano già magnifiche prima di conoscermi e lo sono state anche dopo".

Le protagoniste femminili sono una costante del suo cinema.

"Gli uomini sono chiusi, al massimo s'arrabbiano. Le donne sono più libere nelle loro emozioni, più drammatiche, complicate, interessanti. Almeno per me".

Quanto ha contato l'incontro con Diane Keaton?
"Convivere con lei mi ha cambiato profondamente. Ha personalità, è intelligente, percettiva, artistica. Mi ha insegnato a vedere il mondo con i suoi occhi. Per lei ho scritto il ruolo di Io e Annie. È venuto bene, così ho continuato a lavorare su ruoli femminili sempre più felice e a mio agio".

Quale dei personaggi di Blue Jasmine le somiglia di più?

"Jasmine, anch'io tendo colpevolmente a negare la realtà".

Racconta ancora di un matrimonio in crisi.

"Negli anni ho capito che è solo una questione di fortuna. Tu pensi di poter controllare la cosa, fai quel che è giusto, consulti amici e avvocati. Due persone che s'incontrano sono come stazioni radio: raramente le frequenze sono in sintonia. Quando succede è fantastico".

La crisi economica ha toccato anche lei?

"Ho avuto meno interessi dai soldi in banca, ma non ho perso il lavoro, come è successo a insegnanti e impiegati. Non ho mai voluto speculare in borsa, anche quanto avrei potuto. Tanti anni fa diedi istruzioni precise al mio consulente: non voglio diventare ricco, solo avere quel che mi basta per continuare a lavorare. Non ho mai pensato ai soldi, né accettato un lavoro per soldi. Faccio l'artista e ho guadagnato. Ho una casa, una macchina, poche cose. E faccio film che costano poco".

Le sue sono spesso storie di ricchi.

"Mi interessa il denaro come fenomeno, ho anche pensato a un documentario. E mi affascinano i ricchi. Sono istruiti e potenti, ma commettono le stesse sciocchezze dei poveri. E sono ugualmente infelici. Mi piace osservarli, le loro barche e gli aerei, le tresche amorose e i matrimoni insoddisfatti, i figli problematici. A New York sono l'unico artista in un quartiere di banchieri, avvocati, manager. So come parlano, come fanno shopping, quali ristoranti scelgono. Mangio negli stessi posti e cammino nelle stesse strade. Sono cresciuto povero, a Brooklyn, ma ho raccontato il mio passato poche volte, Broadway Danny Rose, Radio Days. Più spesso mi colpiscono le storie di ricchi che dovrebbero essere felici e non lo sono".

Lei recita un povero in Gigolò per caso di John Turturro.

"Esperienza rilassante, tutte le seccature del set erano del regista. Interpreto un tizio che s'inventa l'idea di procacciare a Turturro donne ricche per appuntamenti a pagamento. Recitare il "pappone" mi è venuto naturale, mi sono sentito credibile".

Lavora poco, come attore.

"Difficile trovare ruoli. A settantasette anni mi toccano i padri, gli zii, i nonni. E i registi non mi chiamano. Ogni cinque anni mi offrono un ruolo, a volte così piccolo, stupido o volgare che devo rifiutare. Sarei felice di lavorare per Martin Scorsese, Oliver Stone, Alexander Payne".

Forse pensano che lei sia troppo impegnato nei suoi progetti.

"No. Quando vuoi davvero qualcuno tenti anche se sai che è indaffarato o scontroso. Io chiesi a Greta Garbo per Zelig, lei neppure mi rispose".

In Blue Jasmine ha voluto i comici Louis C. K. e Andrew Dice Clay in ruoli drammatici.

"Negli anni ho capito che i comici sanno recitare ruoli drammatici, mentre gli attori seri fanno ridere di rado. Perfino Marlon Brando quando cercava di essere divertente era un disastro".

A settantasette anni è dura fare il cinema?
"Nell'ultimo giorno di riprese del nuovo film, nel sud della Francia, ho lavorato diciotto ore consecutive. Ho patito il caldo, il freddo, la pioggia. Il cinema funziona così, ma non è come fare il muratore. Non si lavora mica per davvero".

 

lunedì 25 novembre 2013

LIKE SU FACEBOOK

1 Mettere “mi piace” a un tuo post non è bello. Soprattutto se sei l’unico. 2 Non dire laikare. 3 Un “like” sulla foto profilo di qualcuno è una forma sottile di rimorchio. 4 Ok, sei il “mi piace” numero cento: cosa vuoi, un premio? 5 Ricoprirti di like è troppo facile: un vero amico ti invita a cena.

sabato 23 novembre 2013

LA BRISCOLA IN CINQUE -MARCO MALVALDI

La rivalsa dei pensionati. Da un cassonetto dell'immondizia in un parcheggio periferico, sporge il cadavere di una ragazza giovanissima. Siamo in un paese della costa intorno a Livorno, l'immaginaria Pineta, "diventata località balneare di moda a tutti gli effetti, e quindi la Pro Loco sta inesorabilmente estinguendo le categorie dei vecchietti rivoltandogli contro l'architettura del paese: dove c'era il bar con le bocce hanno messo un discopub all'aperto, in pineta al posto del parco giochi per i nipoti si è materializzata una palestra da body-building all'aperto, e non si trova più una panchina, solo rastrelliere per le moto". L'omicidio ha l'ovvio aspetto di un brutto affare tra droga e sesso, anche a causa della licenziosa condotta che teneva la vittima, viziata figlia di buona famiglia. E i sospetti cadono su due amici della ragazzina nel giro delle discoteche. Ma caso vuole che, per amor di maldicenza e per ammazzare il tempo, sul delitto cominci a chiacchierare, discutere, contendere, litigare e infine indagare il gruppo dei vecchietti del BarLume e il suo barista. In realtà è quest'ultimo il vero svogliato investigatore. I pensionati fanno da apparato all'indagine, la discutono, la spogliano, la raffinano, passandola a un comico setaccio di irriverenze. Sicché, sotto all'intrigo giallo, spunta la vita di una provincia ricca, civile, dai modi spicci e dallo spirito iperbolico, che sopravvive testarda alla devastazione del consumismo turistico modellato dalla televisione.

 

domenica 17 novembre 2013

I TESSITORE DI SOGNI -PATTI SMITH

"Nel 1991 ho vissuto nei sobborghi di Detroit con mio marito e i miei due figli, in una vecchia casa di pietra posta accanto a un canale che si gettava nel lago Saint Clair. Amavo profondamente la mia famiglia e la nostra casa, e tuttavia quella primavera conobbi una terribile e inesprimibile malinconia. Me ne stavo seduta per ore sotto i salici, persa nei miei pensieri. Fu in questa atmosfera che cominciai a scrivere 'I tessitori di sogni'. Cominciai a dedicarmici al principio dell'autunno, proprio mentre le pere iniziavano a prender forma. Scrissi a mano su fogli di carta millimetrata, e il 30 dicembre 1991, il giorno del mio quarantacinquesimo compleanno, portai a termine il manoscritto. Qualcuno mi ha chiesto se definirei 'I tessitori di sogni' una fiaba. Ho sempre adorato questo genere di racconti, ma temo che non possieda i requisiti necessari. Tutto ciò che è contenuto in questo libro è vero, ed è stato descritto esattamente com'era. La sua stesura mi ha scosso dal mio strano torpore e spero che in qualche modo colmi il lettore di una vaga e singolare gioia." (Patti Smith)

 

LE PAROLE -EUGENIO MONTALE

Le parole

se si ridestano

rifiutano la sede

più propizia, la carta

di Fabriano, l’inchiostro

di china, la cartella

di cuoio o di velluto

che le tenga in segreto;

le parole

quando si svegliano

si adagiano sul retro

delle fatture, sui margini

dei bollettini del lotto,

sulle partecipazioni

matrimoniali o di lutto;

le parole

non chiedono di meglio

che l’imbroglio dei tasti

nell’Olivetti portatile,

che il buio dei taschini

del panciotto, che il fondo

del cestino, ridottevi

in pallottole;

le parole

non sono affatto felici

di essere buttate fuori

come zambracche e accolte

con furore di applausi

e disonore;

le parole

preferiscono il sonno

nella bottiglia di ludibrio

di essere lette, vendute,

imbalsamate, ibernate;

le parole

sono di tutti e invano

si celano nei dizionari

perché c’è sempre il marrano

che dissotterra i tartufi

più puzzolenti e più rari;

le parole

dopo un’eterna attesa

rinunziano alla speranza

di essere pronunziate

una volta per tutte

e poi morire con chi le ha possedute.

 

venerdì 15 novembre 2013

OROSCOPO DEL 14 NOVEMBRE 2013

Nel romanzo utopico Guardando indietro dello scrittore statunitense Edward Bellamy c’è un passo che potrebbe andare bene per te: “È in quelle che potremmo chiamare circostanze innaturali, nel senso di straordinarie, che le persone si comportano nel modo più naturale, perché quelle circostanze non consentono l’artificialità”. Pensa al sollievo che ti aspetta: sarà la fine della finzione, la scomparsa dell’inganno, la caduta della falsità. Trovandoti in circostanze straordinarie, sarai costretto ad agire con coraggiosa sincerità. Approfittane.


A mio parere di astrologo, nei prossimi giorni non ci sarà quasi niente che possa impedirti di trovare l’amore che vuoi. L’unico possibile problema è che tu non abbia capito bene di quale amore hai bisogno, e questo potrebbe impedirti di riconoscerlo e di accoglierlo quando lo incontrerai. Cerca di capire la vera natura dell’amore che ti serve e sta bene attento, perché potrebbe presentarsi in forme inaspettate.

giovedì 14 novembre 2013

MEDITAZIONI


Le decisioni sono un modo per definire se stessi. Sono il modo per dare vita e significato ai sogni. Sono il modo per farci diventare ciò che vogliamo.

mercoledì 13 novembre 2013

FIGURACCE

1 Sei caduto rovinosamente davanti a tutti? Piangi e nessuno riderà. 2 Prima di buttarti in una discussione sui nomi, assicurati che nessuno dei presenti si chiami Samantha. 3 Balbettare “era una battuta” con la faccia paonazza aggrava solo la situazione. 4 Puoi chiamarla gaffe, grigia o grezza, ma resta pur sempre una figura di merda. 5 Dire a qualcuno che gli puzza l’alito non è una figuraccia, è una prova d’amicizia.

domenica 10 novembre 2013

PAUL REE

Molti si vantano della propria mancanza di vanità.

FARE LA SPESA

1 Prendi il carrello, sennò finirai per trascinare fino alla cassa due cestini da trenta chili. 2 Il fatto che siano in promozione tre per due non è un buon motivo per comprare tre forme di brie al tartufo. 3 Imbrogliare alla bilancia elettronica è un’arte: non improvvisare. 4 Se esci solo per pane e latte non tornare con anacardi e chinotto. 5 Ignora l’annuncio che è l’ora di chiusura: esci solo quando sei inseguito dalla sicurezza.

 

venerdì 8 novembre 2013

DE ANDRE' - GUIDO HARARI

Sono passati vent’anni esatti dall’uscita di Le nuvole, penultimo disco di Fabrizio De André. Un anno dopo la caduta del Muro di Berlino e alla vigilia di Tangentopoli e della discesa in campo di B, per la prima volta il “poeta degli ultimi” tuonava anatemi contro i suoi “protetti”, rei di cronica mancanza di indignazione nei confronti di un potere che dilagava indisturbato: “Ormai viviamo tutti al centro di un’immensa e dolorosa satira”, scriveva il cantautore.

“Trent’anni fa si poteva sperare di cambiare il mondo, di avere una giustizia sociale e un’opposizione seria al sistema. Oggi, purtroppo, non ci resta che la rassegnazione davanti a un mondo che è cambiato in peggio, a una giustizia e a un’opposizione fantasma.

Una rinascita la vedo soltanto attraverso una catastrofe sociale di tutte le micro-società che si chiamano nazioni. Una rinascita degli uomini che penseranno in primo luogo di appartenere a una sola razza: la razza umana”.

Tra due giorni la grande mostra multimediale dedicata alla figura e all’opera di De André, di cui sono uno dei curatori, inaugurerà a Palermo, allo Spazio Sant’Erasmo. Vi si renderà una volta di più omaggio al cadavere di Utopia, alla mummia di ideali sconfitti e cancellati. De André ha sempre sostenuto che le canzoni, se da un lato non cambiano il mondo, dall’altro possono almeno cambiare le coscienze. Non è così: le idee a volte si ammalano e, come le stelle, si spengono. A nulla serve poi inventarsi nuove religioni in un’epoca senza religioni: mi riferisco alla poetica di De André innalzata da Don Gallo addirittura a “quinto vangelo” laddove gli altri quattro, da sempre mal amministrati, continuano a fare più danni che altro.

La verità è che l’uomo compie progressi sempre più prodigiosi nella tecnica, ma nessuno in campo etico. Una grande forza morale è evaporata, insieme al senso della dignità e agli anticorpi della democrazia, e si è ormai al ripudio degli ideali, alla “pace terrificante” paventata da Fabrizio ne La domenica delle salme. Perduto per sempre il senso civico, non rimane che il senso “cinico”, per dirla con Giovanni Sartori.

Ma c’è pur sempre una realtà con cui dover fare i conti: ad esempio, una società che non può permettersi strati impermeabili né muri. De André ha parlato più volte di nomadismo, di dromomania, ad esempio in canzoni toccanti come Khorakhané. Tra pochissimi anni 250 milioni di migranti si sposteranno a causa di cambiamenti climatici irreversibili. Una reale, tangibile, inevitabile emergenza che travolgerà qualunque fumismo accademico o ideologico.

Tornando allora al discorso sui valori estinti, impossibile non condividere il raggelante realismo dello psicoanalista Luigi Zoja che, citando Enzensberger nel suo libro La morte del prossimo, scrive: “Quanto più un paese costruisce barriere per difendere i ‘propri valori’, tanto meno valori avrà da difendere”. “Come nel momento in cui Nietzsche proclamò la ‘morte di Dio’”, continua Zoja, “siamo alla soglia di un territorio radicalmente nuovo. Dove la globalizzazione favorisce la solidarietà con persone lontane, mentre cresce l’indifferenza per il vicino prodotta dalla civiltà di massa e dalla scomparsa dei valori tradizionali. Dove la morale dell’amore non è più possibile per mancanza di oggetto.

Nell’irraggiungibile impero dell’accesso, di Internet, si è sfarinata la comunità dei prossimi, della cultura e della psicologia dell’incontro tra persone. Ma quando la comunità sparisce, la morale inevitabilmente si ammala e saltano anche le antiche, semplici basi della convivenza”.

A parlare di alti valori, devono essere uomini a loro volta alti. De André, Gaber, Pasolini, una razza in estinzione. Voci purtroppo sempre più lontane di una cultura novecentesca la cui forza propulsiva si è tradotta in illogica utopia. Come ha scritto il biologo Henri Laborit, “non esiste società ideale perché non esistono uomini ideali, o donne ideali, che possano costruirla”.

 

LUI È' PEGGIO DI ME

È stato condannato ad un anno di reclusione Neil McArdle, uno sposo distratto di Liverpool. Per carità, è vero che il matrimonio è una cerimonia complicata, in cui è facile che qualcosa sfugga di mano: ma di solito queste dimenticanze riguardano piccoli particolari.

Nel caso di McArdle, quando è arrivato lo scorso aprile in municipio per sporsarsi con Amy Williams, invece si è ricordato che aveva dimenticato di prenotare nientemeno che il ristorante dove doveva svolgersi il pranzo con i parenti.

Preso dal panico per la figuraccia che questo gli avrebbe causato, non ha avuto altra idea che chiamare il municipio da un telefono pubblico avvisando che da lì a poco sarebbe esplosa una bomba nel palazzo. L’edificio è stato così evacuato e il matrimonio rinviato.

Le indagini della polizia però hanno ricostruito l’accaduto risalendo a McArdle come autore della telefonata minatoria: l’uomo ha confessato e ha spiegato che non sapeva come spiegare alla moglie ei parenti che aveva dimenticato di prenotare il ristorante.

 

PAPA FRANCESCO - DARIA BIGNARDI

Ve lo dico: io Papa Francesco lo voglio incontrare. Non ho mai provato il desiderio di incontrare un Papa e non mi è mai successo, neppure da lontano, neppure a un Angelus. Di Papi ne ho visti passare parecchi, compreso Papa Luciani, e non ho mai pensato: questa persona vorrei guardarla negli occhi. Ora che ci penso, non ho mai desiderato incontrare nessuna persona famosa (se si può definire persona famosa un Papa). Vi sembrerà strano, con la trasmissione che faccio, eppure è così. Mio figlio anticlericale di fronte all’approccio apparentemente rivoluzionario di Papa Bergoglio storce il naso, dice «vediamo i fatti», chiede concretezza, ma la verità è che un po’ piace anche a lui. A un Papa che dice «chi sono io per giudicare gli omosessuali», e che si fa l’autoscatto con gli studenti, è difficile resistere. «È solo un bravo comunicatore», dice l’adolescente scrofoloso, «aspettiamo che apra al sacerdozio femminile, alle staminali, alle unioni gay, per innamorarcene». So’ ragazzi: assolutisti, estremi. Ho un bel dirgli che in Italia il sacerdozio femminile non lo vogliono neanche le suore. «Se una cosa è giusta va fatta anche se nessuno la chiede», ribatte il Savonarola della playstation.

Io Francesco lo vorrei incontrare, per sentire la sua energia. Magari lo invito pure alle Invasioni, e quello è capace di venire. Non me lo vedo da Vespa, Papa Bergoglio, con rispetto parlando.

Ma non è un desiderio professionale il mio, assolutamente, e nemmeno spirituale. Non so ancora cosa sia, però sento che va assecondato. Ho già chiamato il mio amico di Twitter, don Dino Pirri, e gli ho chiesto come si fa a incontrare un Papa. «Dipende da che cosa intendi per incontrarlo», ha risposto. «Avere un’udienza privata non è facile: tutto il mondo vuole incontrare Papa Francesco».

È che ho una passione per i cambiamenti: ecco, credo sia questo. Ce l’ho sempre avuta. Il primo programma che ho scritto, Tempi Moderni, raccontava i cambiamenti della società. Alla prima puntata, che andò in onda una primavera di quindici anni fa, parteciparono nove coppie gay. Credo che in televisione non si fossero mai viste, nove coppie gay, e forse nemmeno tre. Ma la società stava cambiando, ed era ora di raccontarlo. Mi rendo conto che scriverlo suoni agiografico e vanitoso, ma è per rendere l’idea, cercare di trasmettervi la sensazione. Ora, a ben guardare, direbbe l’adolescente, Papa Bergoglio non ha nemmeno detto «Chi sono io per giudicare i gay»: quella è stata una sintesi dei giornali. In realtà, le parole esatte sono state: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Non si devono discriminare o emarginare queste persone, lo dice anche il Catechismo. Il problema per la Chiesa non è la tendenza. Sono fratelli. Quando uno si trova perso così va aiutato, e si deve distinguere se è una persona per bene».

Quindi, in reatà, il Papa ha detto che i gay sono persi e vanno aiutati: forse, è davvero solo un grande comunicatore, come dice mio figlio. Telefonare personalmente, fare l’autoscatto, il baciamano alle signore: il suo stile informale corrisponderà ad altrettanti cambiamenti?

Intanto Bergoglio ha nominato un nuovo Segretario di Stato al posto del discusso, a dir poco, Tarcisio Bertone: è l’arcivescovo Pietro Parolin. Il più giovane «premier» vaticano da ottant’anni a questa parte: ha cinquantotto anni. Vedremo come agirà, il nuovo Segretario. Teniamo gli occhi aperti, ma anche il cuore, senza pregiudizi. E vi tengo informati: se riesco a incontrare Papa Francesco, poi vi racconto.

 

giovedì 7 novembre 2013

OROSCOPO

Alla cerimonia di consegna dei Grammy awards 2013, l’attore Neil Patrick Harris ha presentato in questo modo il gruppo musicale Fun: “Come disse una volta la leggendaria icona del rap Katharine Hepburn, se rispetti le regole ti perdi tutto il divertimento”. Usa questa battuta come fonte di ispirazione. Cerca di gravitare intorno a eventi festosi e riunioni conviviali. Promuovi, incoraggia e apri la strada al divertimento, ogni volta che puoi. A questo scopo, potresti anche raccontare storie spassose che non sono proprio vere ma non forzano le regole fino al punto di rottura.

 

“La poesia potrebbe essere definita un modo chiaro per esprimere sentimenti confusi”, scriveva Wystan Hugh Auden. Se questo è vero, ora il tuo compito è diventare un poeta. Sembra che tu sia sopraffatto da inclinazioni paradossali, pieno di desideri in conflitto tra loro e di verità male assortite. Non c’è niente di cui vergognarsi o sentirsi in colpa. Ma hai il dovere di comunicare la tua complessità in modo sincero e preciso. Se ci riuscirai, tutti ti tratteranno con più affetto e ti concederanno di più. Potrebbero perfino ringraziarti.

 

mercoledì 6 novembre 2013

GIOELE DIX

La letteratura secondo Gioele. Niente di accademico, ça va sans dire. Al contrario, un esperimento da caffè letterario in chiave giocosa tra libere associazioni, aneddoti, riflessioni e connessioni impreviste. Sono i "Giovedix" in cui il comico e attore ma anche scrittore (di testi teatrali e di un romanzo, Si vede che era destino) legge, racconta, smonta e rimonta cinque grandi autori del Novecento: Italo Calvino, Primo Levi, Giorgio Manganelli, Achille Campanile e Dino Buzzati (da oggi, per cinque giovedì, Cafè Rouge del Franco Parenti).

Gioele Dix, perché proprio questa cinquina?

"Scelta arbitraria: fanno parte del mio dna, i pilastri della mia formazione letteraria".

Tutti italiani.

"Non per banale patriottismo, ma per senso di appartenenza. Mi interessano le invenzioni linguistiche".

Né reading, né lezioni. Che cosa sono questi "Giovedix"?

"Sono un esperimento in cui provo a riprodurre in pubblico quel che accade quando si legge un libro che ci appassiona: ci si ferma, si torna su una frase che ci ha colpito, si corre a un altro autore, a un film, a un pensiero, a un ricordo. Penso al lettore come a un esploratore di mondi. Esplorarli insieme è diverso dal farlo in solitario".

Stasera si comincia con Calvino.

"Sì, due racconti dalla raccolta Ti con zero: Il guidatore notturno e L'inseguitore, due formidabili riflessioni sull'idea di spazio/tempo. Per me Calvino è la complessità dell'intelligenza, come scendere in profondità senza zavorra, restando leggeri".

Giovedì prossimo tocca a Primo Levi.

"Ho scelto L'ultimo Natale di guerra, che contiene alcune interviste impossibili ad animali. Con me ci sarà anche Stefano Bartezzaghi per leggere Il gabbiano di Chivasso. Di Levi mi colpisce la fluidità. Si pensa a lui come all'emblema del sopravvissuto, ma la sua scrittura ha una freschezza impressionante. Mi fa quasi incazzare tanto sembra naturale".

Poi con "Centuria" arriva Manganelli.

"Manganelli è la fantasia folle, il trionfo dell'aggettivo senza renderlo indigesto, il paradosso funambolico come quello dell'inquilino che non c'è e i condominiche se la prendono perché "come si permette di non dare fastidio?"".

Di Campanile invece ha scelto il "Manuale di conversazione".

"Umorista geniale. Il primo libro che ho letto da ragazzino era un suo romanzo, Se la luna mi porta fortuna. Lì ho capito cos'è la scintilla che accende il rovesciamento benefico della comicità".

"Il colombre e altri racconti di Buzzati" chiude il ciclo.

"Buzzati è l'arte della sospensione. Racconta le cose lasciandole aperte come se un evento ineluttabile stesse sempre per accadere. Una sorta di disegno superiore: non punitivo come quello monoteista, ma affollato di dei capricciosi molto umani".

Ci sono parecchi illustri esclusi. Gadda, Svevo...

"Ma questo è solo il primo ciclo, se funziona ho intenzione di andare avanti. E Gadda non potrà mancare, Svevo invece mi sollecita di meno. Non farei mai Testori, che sento lontano, ma ci proverei con Pasolini".

Nessuna scrittrice?

"Vorrei occuparmi anche di poesia, per prima sceglierei Patrizia Cavalli".

I grandi classici non la tentano?

"Dante o Manzoni no. Dopo Carmelo Bene aggiungere qualcosa su Dante è impossibile, mentre per Manzoni mi servono ancora 300 anni per dimenticare quanto me lo hanno fatto odiare a scuola".

Tutte scelte molto personali.

"L'idea è condividere le mie passioni letterarie. Come se prestassi i libri che ho amato, che poi vuol dire regalarli. Perché, quando un libro è bello, mica lo restituisci. Al massimo lo passi a qualcun altro".

 

BABY GANG

 

domenica 3 novembre 2013

IL RE DEI GIOCHI - MARCO MALVALDI

 

Ritornano i quattro vecchietti detective del BarLume di Pineta, con il nipote Massimo il "barrista" e la brava banconista Tiziana. Dopo "La briscola in cinque" e "Il gioco delle tre carte", con "Il re dei giochi" si può dire che ora siamo alla serie, sia per la caratterizzazione ben sagomata e viva di ciascun personaggio che lo rende familiare, sia per il brio naturale con cui, come un meccanismo ben avviato, funziona l'eccentrico amalgama che struttura le storie. "Re dei giochi" è il biliardo nuovo all'italiana giunto al BarLume. Ampelio il nonno, Aldo l'intellettuale, il Rimediotti pensionato di destra, e il Del Tacca del Comune (per distinguerlo da altri tre Del Tacca) vi si sono accampati e da lì sezionano con geometrica esattezza gli ultimi fatti di Pineta. Tra cui il terribile incidente della statale. È morto un ragazzino e sua madre è in coma profondo. Sono gli eredi di un ricchissimo costruttore. La madre è anche la segretaria di un uomo politico impegnato nella campagna elettorale. Non sembra un delitto. Manca il movente e pure l'occasione. "Anche quest'anno sembrava d'aver trovato un bell'omicidio per passare il tempo e loro vengono a rovinarti tutto". Ma la donna muore in ospedale, uccisa in modo maldestro. E sulle iperboliche ma sapienti maldicenze dei quattro ottuagenari cala, come una mente ordinatrice, l'intuizione logica del "barrista", investigatore per amor di pace.

 

sabato 2 novembre 2013

AMERICANI IN ITALIA


1 La Vespa non la sai guidare e sull’autobus ti fai derubare: vai a piedi. 2 Smettila di cercarle: le chicken linguine non esistono. 3 Impara almeno i nomi delle città che hai visitato. 4 Non dire gracias. 5 Stai lasciando una mancia, non uno stipendio. 6 Non pensare di trasferirti: la dolce vita dura al massimo sette giorni.

IL ROSSO E IL BLU - GIUSEPPE PICCIONI

 

ORA - JOVANOTTI