venerdì 8 novembre 2013

PAPA FRANCESCO - DARIA BIGNARDI

Ve lo dico: io Papa Francesco lo voglio incontrare. Non ho mai provato il desiderio di incontrare un Papa e non mi è mai successo, neppure da lontano, neppure a un Angelus. Di Papi ne ho visti passare parecchi, compreso Papa Luciani, e non ho mai pensato: questa persona vorrei guardarla negli occhi. Ora che ci penso, non ho mai desiderato incontrare nessuna persona famosa (se si può definire persona famosa un Papa). Vi sembrerà strano, con la trasmissione che faccio, eppure è così. Mio figlio anticlericale di fronte all’approccio apparentemente rivoluzionario di Papa Bergoglio storce il naso, dice «vediamo i fatti», chiede concretezza, ma la verità è che un po’ piace anche a lui. A un Papa che dice «chi sono io per giudicare gli omosessuali», e che si fa l’autoscatto con gli studenti, è difficile resistere. «È solo un bravo comunicatore», dice l’adolescente scrofoloso, «aspettiamo che apra al sacerdozio femminile, alle staminali, alle unioni gay, per innamorarcene». So’ ragazzi: assolutisti, estremi. Ho un bel dirgli che in Italia il sacerdozio femminile non lo vogliono neanche le suore. «Se una cosa è giusta va fatta anche se nessuno la chiede», ribatte il Savonarola della playstation.

Io Francesco lo vorrei incontrare, per sentire la sua energia. Magari lo invito pure alle Invasioni, e quello è capace di venire. Non me lo vedo da Vespa, Papa Bergoglio, con rispetto parlando.

Ma non è un desiderio professionale il mio, assolutamente, e nemmeno spirituale. Non so ancora cosa sia, però sento che va assecondato. Ho già chiamato il mio amico di Twitter, don Dino Pirri, e gli ho chiesto come si fa a incontrare un Papa. «Dipende da che cosa intendi per incontrarlo», ha risposto. «Avere un’udienza privata non è facile: tutto il mondo vuole incontrare Papa Francesco».

È che ho una passione per i cambiamenti: ecco, credo sia questo. Ce l’ho sempre avuta. Il primo programma che ho scritto, Tempi Moderni, raccontava i cambiamenti della società. Alla prima puntata, che andò in onda una primavera di quindici anni fa, parteciparono nove coppie gay. Credo che in televisione non si fossero mai viste, nove coppie gay, e forse nemmeno tre. Ma la società stava cambiando, ed era ora di raccontarlo. Mi rendo conto che scriverlo suoni agiografico e vanitoso, ma è per rendere l’idea, cercare di trasmettervi la sensazione. Ora, a ben guardare, direbbe l’adolescente, Papa Bergoglio non ha nemmeno detto «Chi sono io per giudicare i gay»: quella è stata una sintesi dei giornali. In realtà, le parole esatte sono state: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Non si devono discriminare o emarginare queste persone, lo dice anche il Catechismo. Il problema per la Chiesa non è la tendenza. Sono fratelli. Quando uno si trova perso così va aiutato, e si deve distinguere se è una persona per bene».

Quindi, in reatà, il Papa ha detto che i gay sono persi e vanno aiutati: forse, è davvero solo un grande comunicatore, come dice mio figlio. Telefonare personalmente, fare l’autoscatto, il baciamano alle signore: il suo stile informale corrisponderà ad altrettanti cambiamenti?

Intanto Bergoglio ha nominato un nuovo Segretario di Stato al posto del discusso, a dir poco, Tarcisio Bertone: è l’arcivescovo Pietro Parolin. Il più giovane «premier» vaticano da ottant’anni a questa parte: ha cinquantotto anni. Vedremo come agirà, il nuovo Segretario. Teniamo gli occhi aperti, ma anche il cuore, senza pregiudizi. E vi tengo informati: se riesco a incontrare Papa Francesco, poi vi racconto.

 

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