domenica 29 dicembre 2013

PER DIECI MINUTI - CHIARA GAMBERALE

TDieci minuti al giorno. Tutti i giorni. Per un mese. Dieci minuti per fare una cosa nuova, mai fatta prima. Dieci minuti fuori dai soliti schemi. Per smettere di avere paura. E tornare a vivere. Tutto quello con cui Chiara era abituata a identificare la sua vita non esiste più. Perché, a volte, capita. Capita che il tuo compagno di sempre ti abbandoni. Che tu debba lasciare la casa in cui sei cresciuto. Che il tuo lavoro venga affidato a un altro. Che cosa si fa, allora? Rudolf Steiner non ha dubbi: si gioca. Chiara non ha niente da perdere, e ci prova. Per un mese intero, ogni giorno, per almeno dieci minuti, decide di fare una cosa nuova, mai fatta prima. Lei che è incapace anche solo di avvicinarsi ai fornelli, cucina dei pancake, cammina di spalle per la città, balla l'hip-hop, ascolta i problemi di sua madre, consegna il cellulare a uno sconosciuto. Di dieci minuti in dieci minuti, arriva così ad accogliere realtà che non avrebbe mai immaginato e che la porteranno a scelte sorprendenti. Da cui ricominciare. Chiara Gamberale racconta quanto il cambiamento sia spaventoso, ma necessario. E dimostra come, un minuto per volta, sia possibile tornare a vivere.

 

venerdì 27 dicembre 2013

NON HO BISOGNO DI DENARO - ALDA MERINI

Non ho bisogno di denaro.

Ho bisogno di sentimenti,

di parole, di parole scelte sapientemente,

di fiori detti pensieri,

di rose dette presenze,

di sogni che abitino gli alberi,

di canzoni che facciano danzare le statue,

di stelle che mormorino all' orecchio degli amanti.

Ho bisogno di poesia,

questa magia che brucia la pesantezza delle parole,

che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

 

mercoledì 25 dicembre 2013

OROSCOPO DEL 25 DICEMBRE 2013

Nel 1588 il governatore del Giappone Toyotomi Hideyoshi confiscò tutte le spade, i pugnali e le lance dei suoi cittadini e le fece fondere per fabbricare una gigantesca statua di Budda. Mi piacerebbe che anche tu subissi una trasformazione simile nel 2014. Naturalmente, non devi rinunciare a tutta la tua rabbia e alla tua combattività. Una certa quantità è indispensabile, soprattutto se devi cambiare alcune situazioni. Ma potresti trarre vantaggio da una riduzione del tuo livello di aggressività. Pensi di poter “fondere” una parte della tua rabbia primordiale e usare quell’energia per costruire il tuo equivalente personale di un’effige del Budda?


Ernest Rutherford (1871-1937) è considerato il padre della fisica nucleare, non solo perché vinse il premio Nobel per la chimica. Era anche un insegnante eccezionale. Ben undici dei suoi allievi hanno vinto il Nobel. È proprio il tipo di maestro o mentore che ti invito a cercare nel 2014. I prossimi mesi potrebbero essere il periodo ideale per imparare molto e rapidamente. E uno dei modi migliori per realizzare questa profezia sarà prendere esempio da chi padroneggia alla perfezione le abilità che vuoi acquisire.

martedì 24 dicembre 2013

CHIARA GAMBERALE

"E' faticoso non essere a disposizione di chi amiamo. Ma a volte ci tocca. Quella disponibilità infinita non aiuta noi e non aiuta loro”.


“Una minore intensità di aspirazioni senza dubbio permette una maggiore coincidenza con la propria vita"

 

lunedì 23 dicembre 2013

METTERE A LETTO I BAMBINI

1 Se non dorme per le undici tanto vale fargli fare tutta una tirata fino alla mattina dopo. 2 Sei di nuovo uscita dalla sua stanza strisciando? Vergognati. 3 Fargli fare un giro in auto per addormentarlo ha un costo troppo alto per il pianeta. 4 I figli degli altri vanno tutti a dormire prima del tramonto. 5 Se ti addormenti prima tu, ha vinto lui.

 

domenica 22 dicembre 2013

IL NIPOTE DEL NEGUS - ANDREA CAMILLERI

Eja, Eja, Alalà! Fu già tempo in cui si andava in camicia nera; si cantavano inni. Quando la menzogna si accasa nella storia, sono gli atti di fede, e i manganelli, che fanno la verità. Ci volevano, a Vigàta, le furberie e le mattacchiate di uno scavezzacollo principe di colore, la selvatica estrosità e il talento per gli affari di un diciannovenne ben arnesato e sessualmente senza briglie, la spudoratezza e l'inclinazione astuta di un nipote del Negus, i puntigli principeschi di uno studentello straniero senza letto e senza tetto, che allettava gli occhi e invaghiva i cuori, per umiliare l'onore, l'orgoglio virile, le mire colonialistiche, le prolisse incompetenze del regime, e il nazifascistico razzismo. Il nipote del Negus, il principe Grhane Sollassié Mbassa, è stato iscritto alla Regia Scuola Mineraria di Vigàta. Si rivela un virtuoso della bricconeria e un atleta dell'inganno: tutti brontolando, e lui bravando; promettendo molto, e ancor più pagando, senza nulla mai ottenere. Cosa non tollerano tutti, cosa non tentano. Anche il Duce schiuma e freme, e subisce a rate i tiri bassi dell'etiope: di quel tizzone d'inferno che scalcia e corvetta; e sfugge al dover suo di dar testimonianza in terra italica e in colonia del viver bello e libero e generoso della "civiltà" fascista. Un evento reale con cui Camilleri torna alla sua vena più antica, quella più irriverente e comica, che mescola con intelligente divertimento, storia e fantasia.

 

venerdì 20 dicembre 2013

DORIS LESSING - DARIA BIGNARDI

Doris lessing era un tipaccio. Quando nel 2007, a ottantotto anni, vinse il Nobel per la Letteratura, disse: «Dopo tutti questi anni? Sono esausta, dovrei festeggiare a champagne ma credo invece che andrò a dormire». E dopo qualche tempo: «Il Nobel è stressante: il telefono non smette di squillare. Il gatto è molto infastidito». Viveva a Londra sola col suo gatto e molti libri in una casa a due piani di West Hampstead, un quartiere a nord. Non cucinava. Il suo giardino era in rovina perché non riusciva più a lavorarci. Da anziana era molto ingrassata.

«non si sente mai sola?», le chiedevano i giornalisti. «No. Mi piace la solitudine; è davvero preziosa. Quando sei giovane, pensi che nuoterai in quel lago meraviglioso con un sacco di tempo a disposizione, ma poi diventi sempre più affaccendato».

Adorava i gatti, aveva scritto un libro intitolato Gatti molto speciali. Era lucida, tagliente, poco sentimentale.

***

Diceva che aveva cominciato a scrivere a sette anni e aveva subito capito che non avrebbe mai fatto nient’altro.

Nata in Iran quando ancora si chiamava Persia e vissuta nello Zimbabwe quando ancora si chiamava Rhodesia, a quindici anni aveva lasciato gli studi: «Mi annoiavo. Volevo osservare il mondo e scrivere storie che raccontassero quello che vedevo». Aveva sposato Frank Wisdom a diciannove: «Le ho fatte tutte, la cucina, i bambini, ma anche lì mi annoiavo fino alle lacrime». Aveva lasciato il marito e due figli per sposare Gottfried Lessing, comunista duro e puro. Si era iscritta al Partito comunista, poi lo aveva abbandonato, disgustata dalle purghe staliniane, e non perdeva occasione di criticare duramente tutte le ideologie.

***

Il suo primo romanzo, L’erba canta, fu pubblicato nel 1950 a Londra, dove si era appena trasferita col terzo figlio, lasciando in Africa i due ex mariti e gli altri due figli. «Mio figlio mi salvò allora da tante distrazioni, diciamo così, pericolose. Il fatto di dovermi occupare di un bambino limitava la mia libertà di movimento. La Londra di allora era affascinante, piena di artisti e intellettuali che si incontravano ogni sera nei locali di Soho. Sono un tipo molto socievole, se fossi stata libera chissà in quali pasticci mi sarei cacciata», raccontava il tipaccio.

***

Dal momento che nei suoi romanzi

descriveva l’animo e la vita delle donne e parlava di politica e di libertà, la etichettarono come scrittrice femminista, cosa che la faceva infuriare. Non voleva essere il testimonial di niente.

Quando domenica ho saputo della sua morte, ho preso la scala e sono andata a cercare negli ultimi piani della libreria i suoi vecchi tascabili Feltrinelli che leggevo da ragazza. Il primo tomo del Taccuino d’oro era pieno di patacche. L’ho aperto a caso, e ho trovato questa frase sottolineata: «Una donna che non ha un uomo non può incontrarne uno, qualsiasi uomo, di qualsiasi età, senza pensare, sia pure per mezzo secondo, forse questo è il mio uomo».

Non era una femminista, Doris Lessing, no. Era un tipaccio.

 

mercoledì 18 dicembre 2013

SIMONE WEIL

L'attaccamento è fabbricatore d'illusioni; chi vuole il reale dev'essere distaccato.

 

lunedì 16 dicembre 2013

FINKIELKRAUT

PARIGI - Defilato per qualche anno dall'agone intellettuale parigino, il ritorno editoriale di Alain Finkielkraut è stato fragoroso. L'identité malheureuse, cupa riflessione sull'identità francese minacciata, e dunque infelice, è in testa alle classiche da settimane. Il filosofo prosegue la sua critica antimoderna, contro il relativismo culturale, denunciando i continui attacchi alla laicità, la crisi dell'integrazione degli stranieri, proprio lui che è figlio di ebrei polacchi naturalizzati dopo la guerra. Un pamphlet che intercetta l'air du temps e che, secondo alcuni commentatori, mette in bella copia le pericolose idee del Front National. "È invece la sinistra che, vigliaccamente, ha abbandonato la difesa di alcuni suoi principi repubblicani" risponde Finkielkraut, circondato da pile di libri nella casa di rue Vavin.

Definito da Le Point come uno degli ideologi del nuovo movimento "neocon" francese, galassia di intellettuali reazionari sempre più agguerriti da quando la sinistra è al governo, il filosofo firma uno dei suoi libri più personali, nel quale racconta anche la gioventù da gauchiste del Sessantotto, oggi amaramente pentito.

Si riconosce nella definizione di nuovo intellettuale reazionario?

"Il cosidetto progressismo, inteso come supremazia del politico sulla realtà, ha fallito. Avrebbe dovuto essere sepolto tra le rovine del Muro di Berlino. Oggi, in verità, lagauche non crede al progresso ma all'eterno ritorno, paventando un balzo all'indietro fino agli anni Trenta, preludio di un altro fascismo. Come se il presente non potesse essere nuovo, solo una copia del passato. Rifiuto queste analogie storiche. Penso, invece, che attraversiamo un'epoca inedita che getta nel panico alcuniintellettuali, incapaci di riflettere sull'ignoto".

Lei sembra un inguaribile nostalgico. Già nel 1987, in La sconfitta del pensiero, criticava la "barbarie del mondo moderno". L'Identité malheureuse è il seguito ideale?

"Nel suo rapporto alla Storia, l'uomo oggi si sente depotenziato. Il cambiamento non è più quel che facciamo, ma quel che ci succede. Come scrisse François Furet nelPassato di un'illusione, "l'idea di un'altra società è diventata quasi impossibile da pensare". I governi, la politica, non determinano più un progetto, lo accompagnano semplicemente. Ci ritroviamo a dibattere su alcuni argomenti, come l'immigrazione, a cose ormai fatte. E così ci sentiamo "condannati a vivere nel mondo nel quale viviamo" per riprendere ancora una citazione di Furet".

Cosa rende, secondo lei, così infelice la Francia?

"Il nostro modello di integrazione non funziona più. In alcuni quartieri o città, le leggi francesi non vengono rispettate. C'è un disagio sempre piùprofondo rispetto a rivendicazioni religiose e culturali che vogliono scardinare le fondamenta della nostra République.

I professori che lavorano in alcuni licei dibanlieue denunciano l'aumento dell'antisemitismo, del sessismo, della francofobia. Ormai l'insulto "sporco francese" è sempre più diffuso. La Francia si è costruita sul modello dell'assimilazione, un sistema di accoglienza alla pari: l'immigrato rinunciava a qualcosa ma in cambio aveva moltissimo".

Teme che avanzi il modello multiculturale?

"Da figlio di immigrati, mi sento in debito verso la Francia. A scuola nessuno mi chiedeva da dove venivo, in quale religione credevo. Oggi invece ogni immigrato è catalogato per paese, cultura, religione. Bisogna rispettare ogni differenza. Viene proposta una società inclusiva, in cui ognuno arriva con il suo bagaglio e rimane così com'è. Dietro a questa apparente generosità, c'è in un impoverimento dell'ospitalità francese e un abbaglio: la società inclusiva non risolverà la crisi della convivenza.

Le culture non si mettono accanto come negli scaffali del supermercato, dove il sushi sta bene vicino alla paella. Gli stili di vita possono confliggere".

Lei però attacca una cultura e religione in particolare?

"Non sto facendo alcuna discriminazione, fotografo solo la realtà. Il rischio oggi è minimizzare, chiudere gli occhi. È vero che durante le altre ondate di immigrazione in Francia abbiamo conosciuto tensioni, anche gravi, ma laRépublique non era mai stata contestata nei suoi principi fondamentali. Nessuno sta insultando l'Islam. Dobbiamo dire che esistono regole di convivenza che non possono essere messe in discussione. Quando si fa una legge per vietare il velo nelle scuole, non si escludono le ragazze: si esclude semplicementeil velo".

In L'Ebreo Immaginario aveva già fatto una riflessione sull'identità della diaspora. C'è un legame?

"In quanto ebreo, sono consapevole che, in passato, il concetto di identità è servito per discriminazioni e massacri. Ho criticato Nicolas Sarkozy quando halanciato il suo controverso dibatitto sull'identità nazionale. Poi però ho trovato incomprensibile l'indignazione di alcuni intellettuali che esageravano nell'altro senso. Non è perché comunichiamo con tutti, nel cosiddetto villaggio globale, che sono scomparse le frontiere. Siamo esseri incarnati, viviamo in un luogo fisico, che determina le nostre emozioni, Se l'Italia dichiara il lutto nazionale per le vittime dell'alluvione in Sardegna significa che c'è un sentire comune, che in questo caso non coinvolge i francesi. La nazione è lo spazio in cui ciò che arriva all'altro succede anche a me. Il relativismo culturale è la base del nichilismo: perdiamo il senso del tragico".

Quando si è sentito per la prima volta francese?

"A poco a poco, per shock successivi. Da giovane il mio impegno politico era apolide. Sono stato gauchiste, come tutti quelli della mia generazione, contro il "Sistema", la "Dominazione", come scriveva Pierre Bourdieu. Poi ho incominciato a leggere le testimonianze dei dissidenti comunisti e mi sono resoconto dell'importanza della democrazia. Sono diventato un antitotalitarista. Solo alla fine degli anni Ottanta, quando sono incominciate le prime querelle sul velo islamico nelle scuole, mi sono sentito difensore della République.

Fino ad allora non mi ero mai interrogato sull'interpretazione francese della democrazia, molto diversa da quella di americani, britannici e forse anche dagli italiani. Sulla laicità, ad esempio, siamo un esempio quasi unico al mondo: le leggi che abbiamo fatto qui in Francia sono considerate liberticide in altre democrazie. Insomma, sono diventato francese invecchiando, sentendo in pericolo tutto ciò che questo paese ha dato a me e alla mia famiglia".

 

sabato 7 dicembre 2013

UNA FORGIA E UNA FALCE - RAYMOND CARVER

Un minuto fa avevo le finestre aperte
e c’era il sole. Tiepide brezze
attraversavano la stanza.
(L’ho scritto anche in una lettera.)
Poi, sotto i miei occhi, si è fatto buio.
Il mare ha cominciato a incresparsi
e le barche da diporto che erano a pesca
hanno virato e sono rientrate, una flottiglia.
Il tintinnabolo sotto al portico è caduto
di colpo sotto una raffica. le cime degli alberi
tremavano. Il tubo della stufa cigolava e sbatteva
trattenuto dai tiranti.
Ho detto: "Una forgia e una falce”.
Certe volte parlo da solo, così.
Nomino certe cose:
argano, gomna limo, foglia, fornace.
Il tuo volto, la tua bocca, le tue spalle
ora sono per me inconcepibili!
Che fine hanno fatto? E’come se
li avessi sognati. I sassi che abbiamo portato
a casa dalla spiaggia se ne stanno lì
sul davanzale a raffreddarsi.
Torna a casa. Mi senti?
I miei polmoni sono pieni del fumo
della tua assenza.

UN INVITO.

Che alcune donne diventino particolarmente di cattivo umore in “quei giorni” è risaputo. Il fatto che questo possa portare anche ad un omicidio, è meno scontato.
Eppure, la 29enne inglese Sandie Craddock proprio “a causa dello squilibrio ormonale legato alla sindrome pre-mestruale” ha ucciso a coltellate un suo collega di lavoro nel bar dove lavoravano. Non è noto cosa abbia fatto scattare esattamente la molla dell’aggressione.
Quello che è noto però che che il giudice ha identificato a motivazione dell’aggressione, come detto, alla sindrome premestrurale e pertanto ha deciso di derubricare l’accusa da omicidio volontario a omicidio colposo. La Craddock pertanto non ha avuto una condanna detentiva, ma è stata solo condannata con la condizionale, e le è stato imposto una cura di progeterone.
La Craddock infatti avrebbe avuto una forma particolarmente acuta di sindrome, ed “in quei giorni” avrebbe più volte effettuato aggressioni (guadagnandosi 30 denunce) e tentato più volte il suicidio. Purtroppo per la vittima, solo dopo l’omicidio questi episodi sono stati ricondotti al ciclo mestruale.

  1.  

CRISTIANO CACCAMO

 

 

 

venerdì 6 dicembre 2013

MEDITAZIONI DEL DALAI LAMA

Certo la vita in Occidente è molto affannata e piena di distrazioni. Ma volendo, se ci si impegna, si riesce a ritagliare spazi per l'attività spirituale. Io dico sempre che, invece di fare lunghi weekend o le ore piccole per divertirsi, ci si può svegliare presto la mattina e godersi le emozioni della natura che si risveglia.

 

giovedì 5 dicembre 2013

TOO MANY FRIENNDS - PLACEBO

 

Senza titolo

 

OROSCOPO DEL 5 DICEMBRE

Scommetto che nei tuoi sogni notturni viaggi attraverso paesaggi remoti nelle condizioni atmosferiche più varie. Forse ricrei il viaggio dei navigatori polinesiani che 1.500 anni fa remarono attraverso il Pacifico per centinaia di miglia fino a scoprire le isole Hawaii. Visiti i luoghi in cui vivevano i tuoi antenati o migri verso il primo insediamento umano su Marte. Cosa significano questi sogni? Penso che tu stia cercando di stupire te stesso. Il tuo io profondo e la tua saggezza stanno congiurando per inondarti di nuovi modi di vedere la realtà.

A metà dell’ottocento, le fortune degli artisti francesi erano legate al Salon, un’istituzione statale che ostacolava tutte le nuove correnti, come l’impressionismo. Tra i pittori che si ribellarono alla sua autorità c’era Camille Pissarro. Quando gli chiesero: “Qual è il modo migliore per favorire l’evoluzione dell’arte francese?”, rispose: “Dare fuoco al Louvre”. A giudicare dai tuoi presagi astrali, ho idea che potresti esprimerti con un simbolismo simile a quello di Pissarro. Anche per te è arrivato il momento di affrancarti da tradizioni che non nutrono più il tuo spirito e cercare nuove influenze.

 

mercoledì 4 dicembre 2013

PAUL SALOPEK

Trentatremila chilometri, quattro continenti, sette anni in viaggio. A piedi. Per un totale di 30 milioni di passi, più o meno. Paul Salopek - 51 anni, giornalista e scrittore, ex inviato di guerra e corrispondente dall'Africa, due premi Pulitzer vinti - sta girando il mondo sulle orme (e con i mezzi) dei nostri antenati, i primi uomini che circa 60 mila anni fa lasciarono l'Africa e in poche migliaia di anni riuscirono a colonizzare l'intero pianeta.

È partito a gennaio da Herto Bouri, un villaggio nel cuore dell'altopiano etiopico dove sono stati trovati i resti fossili di una delle più antiche specie di ominidi. Ha attraversato il deserto della Dancalia in compagnia di una guida e di un paio di dromedari, fino a Gibuti, dove si è imbarcato per l'Arabia Saudita. Proseguirà per il Medio Oriente, attraverserà l'Asia centrale, risalirà dalla Cina fino alla Russia siberiana, passerà in nave lo Stretto di Bering, sbarcherà in Alaska e scenderà lungo tutta la costa occidentale del continente americano, sempre camminando, "a cinque chilometri l'ora, la velocità per cui è programmato il nostro corpo", dice. La meta finale è la Terra del Fuoco, il punto più lontano raggiunto dall'uomo nella sua colonizzazione delle terre emerse. Se tutto va secondo i programmi, ci arriverà nel 2020.

Oltre a un cambio d'abito, qualche medicina, cibo e acqua, carta e matita, Salopek porta nello zaino un telefono satellitare e un computer portatile. Aggiorna costantemente il suo blog e ogni tanto si affaccia su twitter. Ma alla velocità con cui le informazioni si diffondono nell'era della rete contrappone il suoslow journalism, una filosofia che per sua stessa ammissione ricorda quella di Slow Food. "La sintetizzerei in una parola: qualità", spiega, raggiunto al telefono durante una pausa del suo viaggio. "Qualità nel cibo è un pomodoro cresciuto al sole invece che sottoposto a trattamenti chimici che accelerano la maturazione. Qualità nella scrittura significa poter approfondire, fare collegamenti, scoprire che cosa c'è dietro un titolo di giornale o una notizia riassunta in 30 secondi da un servizio in tv".

Dove si trova adesso?

"Sono in Giordania, ho appena attraversato il confine con l'Arabia Saudita. Finora ho percorso più o meno 2.000 chilometri".

Come si sente fisicamente? I piedi?

"Sto molto bene, non ho avutograndi problemi. È tutta la vita che cammino, quindi direi che anche i piedi sono abituati".

Quante paia di scarpe ha consumato?

"Uno solo, ma ormai è ridotto a brandelli. Dovrò comprarmene uno nuovo".

Com'è la sua giornata?

"Finora ho viaggiato soprattutto in terreni desertici, tra Etiopia e Penisola arabica. Abbiamovissuto un po' come i beduini di 100, 200 anni fa: sveglia all'alba, colazione con un sorso di tè e un pezzo di pane e formaggio, poi camminare fino al tramonto, accamparsi per la notte, eccetera. Man mano che mi avvicino al nord del mondo il paesaggio cambierà, sarà dominato dalle automobili, ci sarà più gente, e certo non potrò dormire all'aperto. Dovrò chiedere ospitalitàin giro, cambierà anche il mio modo di scrivere".

Viaggia da solo o in compagnia?

"Cercherò di essere sempre accompagnato. Amo la natura, amo stare all'aria aperta, ma questo progetto riguarda soprattutto la gente, gli esseri umani. Finora ho camminato con pastori nomadi, giornalisti disoccupati, lavoratori dei pozzi di petrolio in vacanza, soldati in congedo: tutte queste persone sono una finestra sulla comunità in cui vivono. Se viaggiassi da solo diventerebbe molto noioso: rischierei di raccontare solo i pensieri che mi vengono in testa".

Si ferma ogni tanto?

"Certo, per approfondire meglio una storia, o per riposarmi, raccogliere informazioni, scrivere. Sono stato fermo in città per tutto il mese di Ramadan: tutti digiunavano, me compreso, e andare in giro nel deserto a digiuno non è molto prudente".

C'è un incontro che l'ha colpita più degli altri?

"Per attraversare il Mar Rosso da Gibuti all'Arabia Saudita, mi sono fatto dare un passaggio da una nave cammelliera. Portava 9.000 dromedari al macello, quindi era già un viaggio malinconico. In più, gli ufficiali della nave erano tutti siriani, lontani dal loro paese in guerra. Parlando con loro ho capito che cosa significa essere senza patria, non avere più un posto dove tornare".

Il suo articolo per National Geographic [è la storia di copertina del numero di dicembre, ndr] comincia con il suo incontro con un pastore etiope che le chiede: "Sei pazzo?". Quante volte si è posto la stessa domanda in questi mesi?

"È una domanda che mi faccio da un sacco di tempo, quindi questo viaggio non cambia molto le cose. Voglio chiarire però che non sono partito per portare a termine un'impresa sportiva, non voglio entrare nel Guinness dei Primati. Sono qui perché penso che andando più piano il mio lavoro migliorerà, avrò più storie significative da raccontare. Se smettessi di trovarlo interessante, potrei fermarmi anche domani. Ma finora è stato interessantissimo".

 

INDIRECTLY

 

lunedì 2 dicembre 2013

PARLARE FRANCESE

 

1 A parlare francese sono buoni tutti: impara a scriverlo. 2 Non capisci cosa ti dicono? Rispondi putain con tono sorpreso. La metà delle volte funziona. 3 I voilà e quoi non sono mai troppi. 4 Non ti arrovellare sulla pronuncia della erre: tanto non ce la farai mai. 5 Se vuoi un accento parigino, basta fare un’espressione schifata quando parli.

 

 

SESSO, ECCITAZIONE AD ARTE- BETTINA ZAGNOLI

Helmut Newton racconta nella sua autobiografia che da ragazzo era solito frequentare una piscina di Berlino: allora – parliamo degli anni ’30 – le nuotatrici indossavano costumi di lana sottile che aderivano al corpo. Il tessuto impiegava molto tempo ad asciugarsi e i capezzoli rimanevano a lungo turgidi. Quell’immagine gli rimase impressa e diede origine a fantasie e a momenti di grande soddisfazione “en solitaire”.

Il corpo femminile è bellissimo ed ancor più eccitante è scoprirlo ed ornarlo. Edouard Manet dipinse Olympia nuda con un nastrino che le cinge il collo.

E la Venere dormiente di Dirk de Quade van Ravesteyn è “vestita” con un lungo gioiello che le si avventura tra il seno.

Sui Social Network è fin nauseante l’esibizionismo di gambe, piedi, seni e ammiccamenti vari. Frasi pseudo seduttive in cui si cita la sensualità della donna nuda che indossa solo i tacchi per essere avvenente. Hanno scoperto l’acqua calda.

E’ vero che l’uomo si intriga a guardare. Allora perché non provare a scoprirsi in privato e a evitare di esibire troppo in pubblico? Proviamo a stupire e a stupirci e torniamo ad imparare l’arte del nascondere e successivamente mostrare con voluttà.

Indossare un tubino accollato, un pullover e pantaloni maschili per poi rivelare una culotte open (aperta sui glutei). Oppure uno stringivita trasparente da cui fa capolino l’ombelico e che mette in risalto il seno e i fianchi. Ma anche una sottile catena dorata attorno alla vita, o una cravatta con cui poi si potrà giocare.

Purtroppo oggi un capezzolo sotto un tessuto bagnato non fa più sognare, caro adorato Helmut.

 

domenica 1 dicembre 2013

TAKE IT BACK -PINK FLOYD

 

LA FESTA DELL'INSIGNIFICANZA - MILAN KUNDERA

Gettare una luce sui problemi più seri e al tempo stesso non pronunciare una sola frase seria, subire il fascino della realtà del mondo contemporaneo e al tempo stesso evitare ogni realismo - ecco "La festa dell'insignificanza". Chi conosce i libri di Kundera sa che il desiderio di incorporare in un romanzo una goccia di "non serietà" non è cosa nuova per lui. Nell'Immortalità Goethe e Hemingway se ne vanno a spasso per diversi capitoli, chiacchierano, si divertono. Nella Lentezza, Vera, la moglie dell'autore, lo mette in guardia: "Mi hai detto tante volte che un giorno avresti scritto un romanzo in cui non ci sarebbe stata una sola parola seria ... Ti avverto però: sta' attento". Ora, anziché fare attenzione, Kundera ha finalmente realizzato il suo vecchio sogno estetico - e "La festa dell'insignificanza" può essere considerato una sintesi di tutta la sua opera. Una strana sintesi. Uno strano epilogo. Uno strano riso, ispirato dalla nostra epoca che è comica perché ha perduto ogni senso dell'umorismo.

 

SIMONE WEIL

Essere nulla per essere al proprio vero posto nel tutto

 

giovedì 28 novembre 2013

OROSCOPO DEL 28 NOVEMBRE 2013

Sono andato alla mia seduta di mentoring spirituale con la sacerdotessa intenzionato a scoprire qualche verità su di me che non conoscevo. Mi aspettavo rivelazioni sulla mia ignoranza oltre che sulle mie potenzialità. Mi serviva aiuto per affrontare i miei difetti oltre che per sfruttare i miei pregi. Ha funzionato. La sua guida è stata un potente catalizzatore. Sono riuscito a liberarmi delle sciocchezze che ero abituato a raccontarmi su me stesso. Ti auguro di vivere un’esperienza simile. Per accelerare i tempi, mettiti in cerca di una persona o di un’avventura che ti fornisca lo stesso tipo di stimolo che ho ricevuto io.

Mike Finnigan è un tastierista e cantante blues che ha lavorato con molti artisti importanti, tra cui Jimi Hendrix, Etta James, Leonard Cohen e i Los Lonely Boys. Il suo canto è primordiale, grintoso, fluido e tumultuoso. Capisco perfettamente perché Bonnie Raitt l’ha definito “una gustosa fetta di bacon”. Il suono della sua voce è morbido e succoso. Indovina di che segno è? Del Toro, naturalmente. Lo nomino tuo protettore della settimana, perché anche tu sei più vicino che mai a diventare una gustosa fetta di bacon.


mercoledì 27 novembre 2013

WOODY ALLEN

PARIGI - Nella maschera triste che è il viso di Woody Allen, l'euforia s'intuisce dallo scintillio degli occhi rimpiccioliti da lenti ogni anno più spesse. Ti accoglie in un salottino del glorioso hotel Le Bristol. Un paio di ritrovati successi hanno sollevato dalle sue spalle gracili il peso di un decennio opaco, prolifico quanto alterno nei risultati. Midnight in Paris ha scalato vette d'introiti sconosciute al cineasta newyorkese (56 milioni di dollari in Usa, 151 nel mondo) e in Blue Jasmine (in sala il 5 dicembre per Warner) l'Allen migliore, quello di Match Point per intenderci, mette in scena la crudele parabola di Jasmine, signora altoborghese in miseria dopo l'arresto del marito truffatore (alla Madoff), costretta a lasciare il lusso di Manhattan per una nuova vita nella periferia di San Francisco. "L'idea del film è venuta mentre pranzavo con mia moglie. Soon-yi mi ha raccontato dell'amica di un'amica, donna colta e ricchissima, yacht, ville, aerei privati, il cui stile di vita è collassato all'improvviso. Mi è sembrata una storia tragica e perfetta".


Il film fotografa lo stato d'animo di un'America ancora provata dalla crisi.

"Per pura coincidenza, la crisi ha regalato maggiore risonanza alla vicenda di Jasmine. Negli ultimi dieci anni in America tutti hanno perso: ricchi, classe media e poveri hanno fatto un passo indietro. Ma io sono partito dal dramma personale, storia vera e tragedia greca insieme. Una creatura dell'alta società precipita in una realtà insostenibile e matura l'orribile consapevolezza di essere stata strumento della propria distruzione".

L'interpretazione di Cate Blanchett è da Oscar.

"Il suo talento, la sua profondità hanno dato a Jasmine un'umanità che sulla carta non aveva, costringendo il pubblico a preoccuparsi per questa donna piena di difetti, pillole, alcol. Cate è la migliore della sua generazione. Ho sempre lavorato con le attrici migliori, Meryl Streep, Gena Rowland, Diane Keaton, Dianne Wiest. Tutte erano già magnifiche prima di conoscermi e lo sono state anche dopo".

Le protagoniste femminili sono una costante del suo cinema.

"Gli uomini sono chiusi, al massimo s'arrabbiano. Le donne sono più libere nelle loro emozioni, più drammatiche, complicate, interessanti. Almeno per me".

Quanto ha contato l'incontro con Diane Keaton?
"Convivere con lei mi ha cambiato profondamente. Ha personalità, è intelligente, percettiva, artistica. Mi ha insegnato a vedere il mondo con i suoi occhi. Per lei ho scritto il ruolo di Io e Annie. È venuto bene, così ho continuato a lavorare su ruoli femminili sempre più felice e a mio agio".

Quale dei personaggi di Blue Jasmine le somiglia di più?

"Jasmine, anch'io tendo colpevolmente a negare la realtà".

Racconta ancora di un matrimonio in crisi.

"Negli anni ho capito che è solo una questione di fortuna. Tu pensi di poter controllare la cosa, fai quel che è giusto, consulti amici e avvocati. Due persone che s'incontrano sono come stazioni radio: raramente le frequenze sono in sintonia. Quando succede è fantastico".

La crisi economica ha toccato anche lei?

"Ho avuto meno interessi dai soldi in banca, ma non ho perso il lavoro, come è successo a insegnanti e impiegati. Non ho mai voluto speculare in borsa, anche quanto avrei potuto. Tanti anni fa diedi istruzioni precise al mio consulente: non voglio diventare ricco, solo avere quel che mi basta per continuare a lavorare. Non ho mai pensato ai soldi, né accettato un lavoro per soldi. Faccio l'artista e ho guadagnato. Ho una casa, una macchina, poche cose. E faccio film che costano poco".

Le sue sono spesso storie di ricchi.

"Mi interessa il denaro come fenomeno, ho anche pensato a un documentario. E mi affascinano i ricchi. Sono istruiti e potenti, ma commettono le stesse sciocchezze dei poveri. E sono ugualmente infelici. Mi piace osservarli, le loro barche e gli aerei, le tresche amorose e i matrimoni insoddisfatti, i figli problematici. A New York sono l'unico artista in un quartiere di banchieri, avvocati, manager. So come parlano, come fanno shopping, quali ristoranti scelgono. Mangio negli stessi posti e cammino nelle stesse strade. Sono cresciuto povero, a Brooklyn, ma ho raccontato il mio passato poche volte, Broadway Danny Rose, Radio Days. Più spesso mi colpiscono le storie di ricchi che dovrebbero essere felici e non lo sono".

Lei recita un povero in Gigolò per caso di John Turturro.

"Esperienza rilassante, tutte le seccature del set erano del regista. Interpreto un tizio che s'inventa l'idea di procacciare a Turturro donne ricche per appuntamenti a pagamento. Recitare il "pappone" mi è venuto naturale, mi sono sentito credibile".

Lavora poco, come attore.

"Difficile trovare ruoli. A settantasette anni mi toccano i padri, gli zii, i nonni. E i registi non mi chiamano. Ogni cinque anni mi offrono un ruolo, a volte così piccolo, stupido o volgare che devo rifiutare. Sarei felice di lavorare per Martin Scorsese, Oliver Stone, Alexander Payne".

Forse pensano che lei sia troppo impegnato nei suoi progetti.

"No. Quando vuoi davvero qualcuno tenti anche se sai che è indaffarato o scontroso. Io chiesi a Greta Garbo per Zelig, lei neppure mi rispose".

In Blue Jasmine ha voluto i comici Louis C. K. e Andrew Dice Clay in ruoli drammatici.

"Negli anni ho capito che i comici sanno recitare ruoli drammatici, mentre gli attori seri fanno ridere di rado. Perfino Marlon Brando quando cercava di essere divertente era un disastro".

A settantasette anni è dura fare il cinema?
"Nell'ultimo giorno di riprese del nuovo film, nel sud della Francia, ho lavorato diciotto ore consecutive. Ho patito il caldo, il freddo, la pioggia. Il cinema funziona così, ma non è come fare il muratore. Non si lavora mica per davvero".

 

lunedì 25 novembre 2013

LIKE SU FACEBOOK

1 Mettere “mi piace” a un tuo post non è bello. Soprattutto se sei l’unico. 2 Non dire laikare. 3 Un “like” sulla foto profilo di qualcuno è una forma sottile di rimorchio. 4 Ok, sei il “mi piace” numero cento: cosa vuoi, un premio? 5 Ricoprirti di like è troppo facile: un vero amico ti invita a cena.

sabato 23 novembre 2013

LA BRISCOLA IN CINQUE -MARCO MALVALDI

La rivalsa dei pensionati. Da un cassonetto dell'immondizia in un parcheggio periferico, sporge il cadavere di una ragazza giovanissima. Siamo in un paese della costa intorno a Livorno, l'immaginaria Pineta, "diventata località balneare di moda a tutti gli effetti, e quindi la Pro Loco sta inesorabilmente estinguendo le categorie dei vecchietti rivoltandogli contro l'architettura del paese: dove c'era il bar con le bocce hanno messo un discopub all'aperto, in pineta al posto del parco giochi per i nipoti si è materializzata una palestra da body-building all'aperto, e non si trova più una panchina, solo rastrelliere per le moto". L'omicidio ha l'ovvio aspetto di un brutto affare tra droga e sesso, anche a causa della licenziosa condotta che teneva la vittima, viziata figlia di buona famiglia. E i sospetti cadono su due amici della ragazzina nel giro delle discoteche. Ma caso vuole che, per amor di maldicenza e per ammazzare il tempo, sul delitto cominci a chiacchierare, discutere, contendere, litigare e infine indagare il gruppo dei vecchietti del BarLume e il suo barista. In realtà è quest'ultimo il vero svogliato investigatore. I pensionati fanno da apparato all'indagine, la discutono, la spogliano, la raffinano, passandola a un comico setaccio di irriverenze. Sicché, sotto all'intrigo giallo, spunta la vita di una provincia ricca, civile, dai modi spicci e dallo spirito iperbolico, che sopravvive testarda alla devastazione del consumismo turistico modellato dalla televisione.

 

domenica 17 novembre 2013

I TESSITORE DI SOGNI -PATTI SMITH

"Nel 1991 ho vissuto nei sobborghi di Detroit con mio marito e i miei due figli, in una vecchia casa di pietra posta accanto a un canale che si gettava nel lago Saint Clair. Amavo profondamente la mia famiglia e la nostra casa, e tuttavia quella primavera conobbi una terribile e inesprimibile malinconia. Me ne stavo seduta per ore sotto i salici, persa nei miei pensieri. Fu in questa atmosfera che cominciai a scrivere 'I tessitori di sogni'. Cominciai a dedicarmici al principio dell'autunno, proprio mentre le pere iniziavano a prender forma. Scrissi a mano su fogli di carta millimetrata, e il 30 dicembre 1991, il giorno del mio quarantacinquesimo compleanno, portai a termine il manoscritto. Qualcuno mi ha chiesto se definirei 'I tessitori di sogni' una fiaba. Ho sempre adorato questo genere di racconti, ma temo che non possieda i requisiti necessari. Tutto ciò che è contenuto in questo libro è vero, ed è stato descritto esattamente com'era. La sua stesura mi ha scosso dal mio strano torpore e spero che in qualche modo colmi il lettore di una vaga e singolare gioia." (Patti Smith)

 

LE PAROLE -EUGENIO MONTALE

Le parole

se si ridestano

rifiutano la sede

più propizia, la carta

di Fabriano, l’inchiostro

di china, la cartella

di cuoio o di velluto

che le tenga in segreto;

le parole

quando si svegliano

si adagiano sul retro

delle fatture, sui margini

dei bollettini del lotto,

sulle partecipazioni

matrimoniali o di lutto;

le parole

non chiedono di meglio

che l’imbroglio dei tasti

nell’Olivetti portatile,

che il buio dei taschini

del panciotto, che il fondo

del cestino, ridottevi

in pallottole;

le parole

non sono affatto felici

di essere buttate fuori

come zambracche e accolte

con furore di applausi

e disonore;

le parole

preferiscono il sonno

nella bottiglia di ludibrio

di essere lette, vendute,

imbalsamate, ibernate;

le parole

sono di tutti e invano

si celano nei dizionari

perché c’è sempre il marrano

che dissotterra i tartufi

più puzzolenti e più rari;

le parole

dopo un’eterna attesa

rinunziano alla speranza

di essere pronunziate

una volta per tutte

e poi morire con chi le ha possedute.

 

venerdì 15 novembre 2013

OROSCOPO DEL 14 NOVEMBRE 2013

Nel romanzo utopico Guardando indietro dello scrittore statunitense Edward Bellamy c’è un passo che potrebbe andare bene per te: “È in quelle che potremmo chiamare circostanze innaturali, nel senso di straordinarie, che le persone si comportano nel modo più naturale, perché quelle circostanze non consentono l’artificialità”. Pensa al sollievo che ti aspetta: sarà la fine della finzione, la scomparsa dell’inganno, la caduta della falsità. Trovandoti in circostanze straordinarie, sarai costretto ad agire con coraggiosa sincerità. Approfittane.


A mio parere di astrologo, nei prossimi giorni non ci sarà quasi niente che possa impedirti di trovare l’amore che vuoi. L’unico possibile problema è che tu non abbia capito bene di quale amore hai bisogno, e questo potrebbe impedirti di riconoscerlo e di accoglierlo quando lo incontrerai. Cerca di capire la vera natura dell’amore che ti serve e sta bene attento, perché potrebbe presentarsi in forme inaspettate.

giovedì 14 novembre 2013

MEDITAZIONI


Le decisioni sono un modo per definire se stessi. Sono il modo per dare vita e significato ai sogni. Sono il modo per farci diventare ciò che vogliamo.

mercoledì 13 novembre 2013

FIGURACCE

1 Sei caduto rovinosamente davanti a tutti? Piangi e nessuno riderà. 2 Prima di buttarti in una discussione sui nomi, assicurati che nessuno dei presenti si chiami Samantha. 3 Balbettare “era una battuta” con la faccia paonazza aggrava solo la situazione. 4 Puoi chiamarla gaffe, grigia o grezza, ma resta pur sempre una figura di merda. 5 Dire a qualcuno che gli puzza l’alito non è una figuraccia, è una prova d’amicizia.

domenica 10 novembre 2013

PAUL REE

Molti si vantano della propria mancanza di vanità.

FARE LA SPESA

1 Prendi il carrello, sennò finirai per trascinare fino alla cassa due cestini da trenta chili. 2 Il fatto che siano in promozione tre per due non è un buon motivo per comprare tre forme di brie al tartufo. 3 Imbrogliare alla bilancia elettronica è un’arte: non improvvisare. 4 Se esci solo per pane e latte non tornare con anacardi e chinotto. 5 Ignora l’annuncio che è l’ora di chiusura: esci solo quando sei inseguito dalla sicurezza.

 

venerdì 8 novembre 2013

DE ANDRE' - GUIDO HARARI

Sono passati vent’anni esatti dall’uscita di Le nuvole, penultimo disco di Fabrizio De André. Un anno dopo la caduta del Muro di Berlino e alla vigilia di Tangentopoli e della discesa in campo di B, per la prima volta il “poeta degli ultimi” tuonava anatemi contro i suoi “protetti”, rei di cronica mancanza di indignazione nei confronti di un potere che dilagava indisturbato: “Ormai viviamo tutti al centro di un’immensa e dolorosa satira”, scriveva il cantautore.

“Trent’anni fa si poteva sperare di cambiare il mondo, di avere una giustizia sociale e un’opposizione seria al sistema. Oggi, purtroppo, non ci resta che la rassegnazione davanti a un mondo che è cambiato in peggio, a una giustizia e a un’opposizione fantasma.

Una rinascita la vedo soltanto attraverso una catastrofe sociale di tutte le micro-società che si chiamano nazioni. Una rinascita degli uomini che penseranno in primo luogo di appartenere a una sola razza: la razza umana”.

Tra due giorni la grande mostra multimediale dedicata alla figura e all’opera di De André, di cui sono uno dei curatori, inaugurerà a Palermo, allo Spazio Sant’Erasmo. Vi si renderà una volta di più omaggio al cadavere di Utopia, alla mummia di ideali sconfitti e cancellati. De André ha sempre sostenuto che le canzoni, se da un lato non cambiano il mondo, dall’altro possono almeno cambiare le coscienze. Non è così: le idee a volte si ammalano e, come le stelle, si spengono. A nulla serve poi inventarsi nuove religioni in un’epoca senza religioni: mi riferisco alla poetica di De André innalzata da Don Gallo addirittura a “quinto vangelo” laddove gli altri quattro, da sempre mal amministrati, continuano a fare più danni che altro.

La verità è che l’uomo compie progressi sempre più prodigiosi nella tecnica, ma nessuno in campo etico. Una grande forza morale è evaporata, insieme al senso della dignità e agli anticorpi della democrazia, e si è ormai al ripudio degli ideali, alla “pace terrificante” paventata da Fabrizio ne La domenica delle salme. Perduto per sempre il senso civico, non rimane che il senso “cinico”, per dirla con Giovanni Sartori.

Ma c’è pur sempre una realtà con cui dover fare i conti: ad esempio, una società che non può permettersi strati impermeabili né muri. De André ha parlato più volte di nomadismo, di dromomania, ad esempio in canzoni toccanti come Khorakhané. Tra pochissimi anni 250 milioni di migranti si sposteranno a causa di cambiamenti climatici irreversibili. Una reale, tangibile, inevitabile emergenza che travolgerà qualunque fumismo accademico o ideologico.

Tornando allora al discorso sui valori estinti, impossibile non condividere il raggelante realismo dello psicoanalista Luigi Zoja che, citando Enzensberger nel suo libro La morte del prossimo, scrive: “Quanto più un paese costruisce barriere per difendere i ‘propri valori’, tanto meno valori avrà da difendere”. “Come nel momento in cui Nietzsche proclamò la ‘morte di Dio’”, continua Zoja, “siamo alla soglia di un territorio radicalmente nuovo. Dove la globalizzazione favorisce la solidarietà con persone lontane, mentre cresce l’indifferenza per il vicino prodotta dalla civiltà di massa e dalla scomparsa dei valori tradizionali. Dove la morale dell’amore non è più possibile per mancanza di oggetto.

Nell’irraggiungibile impero dell’accesso, di Internet, si è sfarinata la comunità dei prossimi, della cultura e della psicologia dell’incontro tra persone. Ma quando la comunità sparisce, la morale inevitabilmente si ammala e saltano anche le antiche, semplici basi della convivenza”.

A parlare di alti valori, devono essere uomini a loro volta alti. De André, Gaber, Pasolini, una razza in estinzione. Voci purtroppo sempre più lontane di una cultura novecentesca la cui forza propulsiva si è tradotta in illogica utopia. Come ha scritto il biologo Henri Laborit, “non esiste società ideale perché non esistono uomini ideali, o donne ideali, che possano costruirla”.

 

LUI È' PEGGIO DI ME

È stato condannato ad un anno di reclusione Neil McArdle, uno sposo distratto di Liverpool. Per carità, è vero che il matrimonio è una cerimonia complicata, in cui è facile che qualcosa sfugga di mano: ma di solito queste dimenticanze riguardano piccoli particolari.

Nel caso di McArdle, quando è arrivato lo scorso aprile in municipio per sporsarsi con Amy Williams, invece si è ricordato che aveva dimenticato di prenotare nientemeno che il ristorante dove doveva svolgersi il pranzo con i parenti.

Preso dal panico per la figuraccia che questo gli avrebbe causato, non ha avuto altra idea che chiamare il municipio da un telefono pubblico avvisando che da lì a poco sarebbe esplosa una bomba nel palazzo. L’edificio è stato così evacuato e il matrimonio rinviato.

Le indagini della polizia però hanno ricostruito l’accaduto risalendo a McArdle come autore della telefonata minatoria: l’uomo ha confessato e ha spiegato che non sapeva come spiegare alla moglie ei parenti che aveva dimenticato di prenotare il ristorante.

 

PAPA FRANCESCO - DARIA BIGNARDI

Ve lo dico: io Papa Francesco lo voglio incontrare. Non ho mai provato il desiderio di incontrare un Papa e non mi è mai successo, neppure da lontano, neppure a un Angelus. Di Papi ne ho visti passare parecchi, compreso Papa Luciani, e non ho mai pensato: questa persona vorrei guardarla negli occhi. Ora che ci penso, non ho mai desiderato incontrare nessuna persona famosa (se si può definire persona famosa un Papa). Vi sembrerà strano, con la trasmissione che faccio, eppure è così. Mio figlio anticlericale di fronte all’approccio apparentemente rivoluzionario di Papa Bergoglio storce il naso, dice «vediamo i fatti», chiede concretezza, ma la verità è che un po’ piace anche a lui. A un Papa che dice «chi sono io per giudicare gli omosessuali», e che si fa l’autoscatto con gli studenti, è difficile resistere. «È solo un bravo comunicatore», dice l’adolescente scrofoloso, «aspettiamo che apra al sacerdozio femminile, alle staminali, alle unioni gay, per innamorarcene». So’ ragazzi: assolutisti, estremi. Ho un bel dirgli che in Italia il sacerdozio femminile non lo vogliono neanche le suore. «Se una cosa è giusta va fatta anche se nessuno la chiede», ribatte il Savonarola della playstation.

Io Francesco lo vorrei incontrare, per sentire la sua energia. Magari lo invito pure alle Invasioni, e quello è capace di venire. Non me lo vedo da Vespa, Papa Bergoglio, con rispetto parlando.

Ma non è un desiderio professionale il mio, assolutamente, e nemmeno spirituale. Non so ancora cosa sia, però sento che va assecondato. Ho già chiamato il mio amico di Twitter, don Dino Pirri, e gli ho chiesto come si fa a incontrare un Papa. «Dipende da che cosa intendi per incontrarlo», ha risposto. «Avere un’udienza privata non è facile: tutto il mondo vuole incontrare Papa Francesco».

È che ho una passione per i cambiamenti: ecco, credo sia questo. Ce l’ho sempre avuta. Il primo programma che ho scritto, Tempi Moderni, raccontava i cambiamenti della società. Alla prima puntata, che andò in onda una primavera di quindici anni fa, parteciparono nove coppie gay. Credo che in televisione non si fossero mai viste, nove coppie gay, e forse nemmeno tre. Ma la società stava cambiando, ed era ora di raccontarlo. Mi rendo conto che scriverlo suoni agiografico e vanitoso, ma è per rendere l’idea, cercare di trasmettervi la sensazione. Ora, a ben guardare, direbbe l’adolescente, Papa Bergoglio non ha nemmeno detto «Chi sono io per giudicare i gay»: quella è stata una sintesi dei giornali. In realtà, le parole esatte sono state: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Non si devono discriminare o emarginare queste persone, lo dice anche il Catechismo. Il problema per la Chiesa non è la tendenza. Sono fratelli. Quando uno si trova perso così va aiutato, e si deve distinguere se è una persona per bene».

Quindi, in reatà, il Papa ha detto che i gay sono persi e vanno aiutati: forse, è davvero solo un grande comunicatore, come dice mio figlio. Telefonare personalmente, fare l’autoscatto, il baciamano alle signore: il suo stile informale corrisponderà ad altrettanti cambiamenti?

Intanto Bergoglio ha nominato un nuovo Segretario di Stato al posto del discusso, a dir poco, Tarcisio Bertone: è l’arcivescovo Pietro Parolin. Il più giovane «premier» vaticano da ottant’anni a questa parte: ha cinquantotto anni. Vedremo come agirà, il nuovo Segretario. Teniamo gli occhi aperti, ma anche il cuore, senza pregiudizi. E vi tengo informati: se riesco a incontrare Papa Francesco, poi vi racconto.

 

giovedì 7 novembre 2013

OROSCOPO

Alla cerimonia di consegna dei Grammy awards 2013, l’attore Neil Patrick Harris ha presentato in questo modo il gruppo musicale Fun: “Come disse una volta la leggendaria icona del rap Katharine Hepburn, se rispetti le regole ti perdi tutto il divertimento”. Usa questa battuta come fonte di ispirazione. Cerca di gravitare intorno a eventi festosi e riunioni conviviali. Promuovi, incoraggia e apri la strada al divertimento, ogni volta che puoi. A questo scopo, potresti anche raccontare storie spassose che non sono proprio vere ma non forzano le regole fino al punto di rottura.

 

“La poesia potrebbe essere definita un modo chiaro per esprimere sentimenti confusi”, scriveva Wystan Hugh Auden. Se questo è vero, ora il tuo compito è diventare un poeta. Sembra che tu sia sopraffatto da inclinazioni paradossali, pieno di desideri in conflitto tra loro e di verità male assortite. Non c’è niente di cui vergognarsi o sentirsi in colpa. Ma hai il dovere di comunicare la tua complessità in modo sincero e preciso. Se ci riuscirai, tutti ti tratteranno con più affetto e ti concederanno di più. Potrebbero perfino ringraziarti.

 

mercoledì 6 novembre 2013

GIOELE DIX

La letteratura secondo Gioele. Niente di accademico, ça va sans dire. Al contrario, un esperimento da caffè letterario in chiave giocosa tra libere associazioni, aneddoti, riflessioni e connessioni impreviste. Sono i "Giovedix" in cui il comico e attore ma anche scrittore (di testi teatrali e di un romanzo, Si vede che era destino) legge, racconta, smonta e rimonta cinque grandi autori del Novecento: Italo Calvino, Primo Levi, Giorgio Manganelli, Achille Campanile e Dino Buzzati (da oggi, per cinque giovedì, Cafè Rouge del Franco Parenti).

Gioele Dix, perché proprio questa cinquina?

"Scelta arbitraria: fanno parte del mio dna, i pilastri della mia formazione letteraria".

Tutti italiani.

"Non per banale patriottismo, ma per senso di appartenenza. Mi interessano le invenzioni linguistiche".

Né reading, né lezioni. Che cosa sono questi "Giovedix"?

"Sono un esperimento in cui provo a riprodurre in pubblico quel che accade quando si legge un libro che ci appassiona: ci si ferma, si torna su una frase che ci ha colpito, si corre a un altro autore, a un film, a un pensiero, a un ricordo. Penso al lettore come a un esploratore di mondi. Esplorarli insieme è diverso dal farlo in solitario".

Stasera si comincia con Calvino.

"Sì, due racconti dalla raccolta Ti con zero: Il guidatore notturno e L'inseguitore, due formidabili riflessioni sull'idea di spazio/tempo. Per me Calvino è la complessità dell'intelligenza, come scendere in profondità senza zavorra, restando leggeri".

Giovedì prossimo tocca a Primo Levi.

"Ho scelto L'ultimo Natale di guerra, che contiene alcune interviste impossibili ad animali. Con me ci sarà anche Stefano Bartezzaghi per leggere Il gabbiano di Chivasso. Di Levi mi colpisce la fluidità. Si pensa a lui come all'emblema del sopravvissuto, ma la sua scrittura ha una freschezza impressionante. Mi fa quasi incazzare tanto sembra naturale".

Poi con "Centuria" arriva Manganelli.

"Manganelli è la fantasia folle, il trionfo dell'aggettivo senza renderlo indigesto, il paradosso funambolico come quello dell'inquilino che non c'è e i condominiche se la prendono perché "come si permette di non dare fastidio?"".

Di Campanile invece ha scelto il "Manuale di conversazione".

"Umorista geniale. Il primo libro che ho letto da ragazzino era un suo romanzo, Se la luna mi porta fortuna. Lì ho capito cos'è la scintilla che accende il rovesciamento benefico della comicità".

"Il colombre e altri racconti di Buzzati" chiude il ciclo.

"Buzzati è l'arte della sospensione. Racconta le cose lasciandole aperte come se un evento ineluttabile stesse sempre per accadere. Una sorta di disegno superiore: non punitivo come quello monoteista, ma affollato di dei capricciosi molto umani".

Ci sono parecchi illustri esclusi. Gadda, Svevo...

"Ma questo è solo il primo ciclo, se funziona ho intenzione di andare avanti. E Gadda non potrà mancare, Svevo invece mi sollecita di meno. Non farei mai Testori, che sento lontano, ma ci proverei con Pasolini".

Nessuna scrittrice?

"Vorrei occuparmi anche di poesia, per prima sceglierei Patrizia Cavalli".

I grandi classici non la tentano?

"Dante o Manzoni no. Dopo Carmelo Bene aggiungere qualcosa su Dante è impossibile, mentre per Manzoni mi servono ancora 300 anni per dimenticare quanto me lo hanno fatto odiare a scuola".

Tutte scelte molto personali.

"L'idea è condividere le mie passioni letterarie. Come se prestassi i libri che ho amato, che poi vuol dire regalarli. Perché, quando un libro è bello, mica lo restituisci. Al massimo lo passi a qualcun altro".

 

BABY GANG

 

domenica 3 novembre 2013

IL RE DEI GIOCHI - MARCO MALVALDI

 

Ritornano i quattro vecchietti detective del BarLume di Pineta, con il nipote Massimo il "barrista" e la brava banconista Tiziana. Dopo "La briscola in cinque" e "Il gioco delle tre carte", con "Il re dei giochi" si può dire che ora siamo alla serie, sia per la caratterizzazione ben sagomata e viva di ciascun personaggio che lo rende familiare, sia per il brio naturale con cui, come un meccanismo ben avviato, funziona l'eccentrico amalgama che struttura le storie. "Re dei giochi" è il biliardo nuovo all'italiana giunto al BarLume. Ampelio il nonno, Aldo l'intellettuale, il Rimediotti pensionato di destra, e il Del Tacca del Comune (per distinguerlo da altri tre Del Tacca) vi si sono accampati e da lì sezionano con geometrica esattezza gli ultimi fatti di Pineta. Tra cui il terribile incidente della statale. È morto un ragazzino e sua madre è in coma profondo. Sono gli eredi di un ricchissimo costruttore. La madre è anche la segretaria di un uomo politico impegnato nella campagna elettorale. Non sembra un delitto. Manca il movente e pure l'occasione. "Anche quest'anno sembrava d'aver trovato un bell'omicidio per passare il tempo e loro vengono a rovinarti tutto". Ma la donna muore in ospedale, uccisa in modo maldestro. E sulle iperboliche ma sapienti maldicenze dei quattro ottuagenari cala, come una mente ordinatrice, l'intuizione logica del "barrista", investigatore per amor di pace.

 

sabato 2 novembre 2013

AMERICANI IN ITALIA


1 La Vespa non la sai guidare e sull’autobus ti fai derubare: vai a piedi. 2 Smettila di cercarle: le chicken linguine non esistono. 3 Impara almeno i nomi delle città che hai visitato. 4 Non dire gracias. 5 Stai lasciando una mancia, non uno stipendio. 6 Non pensare di trasferirti: la dolce vita dura al massimo sette giorni.