sabato 1 maggio 2010

BUCCIA D'ARANCIA


Quanti sforzi ho fatto per arrivare fin qui.
Ho dovuto lasciare la famiglia, i miei bambini, il profumo della stagione nuova.
Ho perso la voce.
Sul tavolo della veranda due arance dalla buccia spessa.

Via chilometri e terra; luce e dialetto.
Lontano dalla costa mi accorgo d'essere vicino, quasi al nulla.
Ovattato, assopito, attutito; buio e silenzio.

E c'è un secondo, anche solo un secondo, che m'accorgo d'essere sul mare col mare.
Non mi va di chiamarla morte questa dolcezza d'un attimo; questa dolcezza che rimpiange le lente note di un pianoforte.

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