domenica 20 febbraio 2011

CONFESSIONE


- Ciao Beatrice.
- Ciao Ruggero.

L'ho chiamata qualche ora fa, quando ancora si stava in quelle ore incerte; quando il giorno sembra rendere indeciso il proprio dipanarsi.
E' il momento della piccola malinconia, leggera e testarda; quella che sembra scivolare via e che invece non ti molla mai.
Lei mi ha risposto allegra, come sempre. Io le ho chiesto di vederla per le sette; lei ha accettato, ma un po' stupita. Forse curiosa.
Adesso sono seduto su una panca di larice e la guardo, lì davanti a me, su una piccola poltroncina verde salvia. Siamo entrambi piegati in avanti, ci scambiamo sguardi di schermaglia. I miei sono timidi, i suoi no, sono semplicemente curiosità.

- Volevo dirti alcune cose, ma adesso che sono qui e che ti ho di fronte anche il solo parlarne mi sembra un ostacolo insormontabile.

- Sai che non devi farti problemi, sono qui. Sono venuta apposta per ascoltarti, per sentire quello che volevi dirmi. Se non avessi voluto sarei stata da un'altra parte.

Ho abbandonato la vista del suo viso e l'ho spostata alla sua destra, in un'area neutra, dove ristagnava solo il colore delle pareti, lo stesso della poltroncina. Ma nel farlo ho alzato la testa ed ho iniziato a parlare.

- Non so se sia un sentimento sano, se quanto sto per dirti sia frutto di una passione violenta e alta o pure di un atto folle.
Sta di fatto che non posso più non essere sincero con te. Non posso più celare il mio sentimento vero. Per questo ti ho chiamata qui.

Beatrice si è tirata su, lo sguardo preoccupato e dritto. Alla ricerca del mio sguardo, perso proprio sopra la propria spalla:

- Dimmi.

- E' che in verità io ti voglio solo per me.

Beatrice ha riso, gli occhi le sono guizzati, poi si sono fatti comprensivi:

- E perchè, non è così?

- Quando la mattina mi alzo, penso sempre che alle belle giornate tu sorridi. E vorrei non perdermi quegli attimi. La tua allegrezza dovrebbe starsene con me, non dovrebbe scivolarsene via così...
Sono giorni che ascolto una canzone. Vorrei potertela fare sentire.

Ho acceso l'impianto stereo e ho premuto il logo del play:

"E’ la luce che si forma intorno a te
quando ridi, quando parli di quel che non c’è,
ed è l’oro che mi chiama e veglia su me
che mi piace tanto di te

E tu sognami
e credici,
non nascondere
che sei fragile
e amati per quello che sei
e non smettere di ridere

E’ quel tocco particolare
che ti distingue;
le tue mani bianche e tese
verso l’argine.
E’ il tuo corpo che mi chiama
e parla di me
che mi piace tanto di te

E tu sognami
e credici
non nascondere
le tue lacrime
e amati per quello che sei
e non smettere di ridere,
è il modo per raggiungermi!

E tu ascoltami
e credimi
non nascondere
le tue lacrime
e prenditi così sei
e non smettere di ridere,
è il modo per raggiungermi…

- Rispondo ora alla tua domanda. No, non è così: ogni volta che sento l'essenza dei tuoi desideri fare capolino nella quotidianità, penso sempre che non potrò mai averti completamente per me, che è un desiderio assurdo e che al fine mi porterà alla disperazione. Ma è la verità e non posso oscurarla ancora. Dovevo. Bisognava che ti dicessi quello che sento realmente.

- Non ti capisco Ruggero. Sai quanto ti amo, sappiamo e conosciamo i nostri problemi. Forse non riesco a farti conoscere realmente la natura del mio amore.

- No!. Io so benissimo quello che provi, lo avverto E lo vedo impresso nei miei amati mosaici. Ma ti vorrei solo per me. Vorrei che ogni risata, ogni desiderio buffo, ogni lacrima, ogni sospiro, ogni goccia della tua composizione corporea, fosse per me. E' come la lotta perenne fra bene e male; fra sesso ed amore. Qualcosa che si intreccia e si articola come un animale dentro alla mia anima sporca.

- Non ti capisco Ruggero, spesso parli senza tenere conto che hai davanti una persona diversa da te. Sembra di seguire un dialogo terribile, doloroso fra te e le tue sofferenze. Ma non è facile seguire il filo dei tuoi ragionamenti, è come se sfuggissero dai tuoi muscoli, dalle tue terminazioni nervose.

- E vero. Bisogna che sia più chiaro: inizialmente credevo che fosse qualcosa che avesse a che fare con il mio io. Con il bisogno di essere rassicurato. Ho pensato che fosse una forma di folle possessività, di gelosia terribile, che addirittura fosse la mia più grande dimostrazione di egoismo. Non ti nascondo che sono dubbioso, e che certo piccole e nere cellule si aggirano fra i miei pensieri. Ma se fosse così, perchè non ho un atteggiamento diverso alla vita? Gli egoisti spesso non sono generosi; i possessivi soffrono della propria nudità; i pavidi non danno azione ai loro pensieri.
Così è rimasto il fatto che ti amo. E in tutte le mie riflessioni ho sempre sottovalutato questo aspetto. Amare non è consuetudine, sopratutto non è una forma omologa. Certo! la conformazione del mio sentimento è unica: non migliore, non peggiore. Diversa. Unica.

Il cielo si è fatto rosso porpora e le case lontane si sono annerite, incendiate dal fuoco delle mie parole. Ogni cosa perde senso e ne acquisisce: spariscono gli intralci fra un cuore ed un altro; rimane solo la descrizione di una attimo: le foglie dei salici, la luce riflessa sul dorso di un gregge di pecore, la prospettiva lunga dei vigneti bronzei, il rumore nostalgico delle macchine di passaggio.

- Non potrò cambiare questo. Il sole sorge e muore ogni giorno e dà dimostrazione di potenza; il corso del fiume tracima ed io continuerò ad amarti come solo la natura sa fare.

- Ruggero, forse mi spaventi. E' bellissimo quello che dici, ma è lontano. Per me è poco comprensibile.

- Certo, ma questo non è fondamentale. Sai già ascoltare il risuono delle gole, quello che riecheggia dai gorghi del mio mondo. Ma è importante che tu sappia che io non sono cattivo. Che non sono così egoista e narciso.
Ma era davvero troppo importante per me che tu sapessi questa cosa.

- Quale, Ruggero?

- Che ti amo, Beatrice.

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