sabato 29 gennaio 2011

L'ULTIMO TEPORE DEL MIO ULTIMO POMERIGGIO


Mi sono appena seduta in poltrona, una leggera stanchezza m'ha colto. Niente di spiacevole, intendetemi, ma solo una specie di dolce languore, malinconico e rassicurante. E' il tempo che passa, ne sono sicura; basta guardarmi le mani per capirlo: magrissime, così tanto da sembrare ancora più lunghe di quello che sono; maculate da chiazze brune che con gli anni hanno conquistato terreno e colore.
Guardo verso la finestra, ma non più verso il cielo o i paesaggi; cerco solo il riflesso di quello che è stato, il ricordo di un sogno. Lo faccio perchè credo che mi basti così, anzi, probabilmente perchè non sarei più in grado di sostenere la chiara bellezza delle colline di Poggio Romita.
Federico avrebbe apprezzato ancora la lentezza congenita dei miei movimenti, e ancora di più la cura che appresto nello sfogliare le pagine di questo libro.
Non che lui amasse particolarmente "I Fratelli Karamazov" - preferiva di gran lunga altre cose di Dostoevskij - ma amava fisicamente la copia del libro che adesso mi ritrovo fra le mani. E' una copia del 1954, in carta gialla, con i caratteri così tremolanti che paiono stampanti da Gutenberg in persona; è fragile, le pagine ti chiedono estrema cautela, devono essere appena accarezzate.

Federico mi avrebbe sorriso, come sempre infantile e incendiario.

Volto pagina, la numero centoundici, e accolgo ancora un caloroso e pieno senso di pace. Sento che la mia vita sta per finire, eppure non mi sono mai sentita così forte, così sicura.

Tutto quello che ho visto scorrere durante tutti questi anni non può essere oggetto di giudizio. Ho commesso errori, anche gravi, certo; ci sono state cose più o meno buone, sì, ma in fondo è poi così importante?
Ogni cosa trova una giustificazione; tutto ha una causa. E ognuno di noi sa realmente perchè si è fatto carico di un determinato comportamento. Spesso non vogliamo indagare nel profondo di noi stessi, ma è innegabile che lo si possa fare, come è altrettanto vero che vi si trovano delle risposte.
E se così difficile ci risulta questa piccola indagine nel nostro io, è davvero così realistico cercare di tentarla con gli altri?

Io sono oramai giunta ad un età in cui non si chiede ne si pretende molto ma comprensibilmente ci si chiede cosa rimane di noi in noi. Cosa dopo questa cavalcata misteriosa e folle?

Posso solo rispondere una cosa: l'amore.

Se guardo la mia vita e ancora di più i miei errori, le cattiverie, gli egoismi, il cinismo, ma sento amore, tutto è comprensibile.

Da piccola odiavo mia madre. E sebbene fosse per motivi che allora erano forti e solidi, il tempo li ha resi instabili, friabili. Anche mia madre aveva un passato e una vita di cui io conosco poco più che niente. Non so come fosse mia madre da bambina, non so se abbia ricevuto affetto o indifferenza. Chissà cosa le è mancato, cosa di conseguenza ha cercato.
E' vero, mi ha fatto male, ha cambiato la mia vita. Ma chi non l'avrebbe fatto?
Anche mia figlia, a cui credo di avere dato tutto, ha una sua vita, fatta di un tempo diverso dal mio.
Anche mia madre mi ha dato tutto, ne sono convinta.
Per questo gli voglio bene, nonostante la mia sofferenza. Perchè l'amore sorge (perchè esso c'è in ognuno di noi) ed infine lo ha fatto anche in lei. Il cuore sacro.

Così mia figlia amava così tanto sua zia Marzia. Perchè i bambini sono simili alle persone più sensibili, a quelle che soffrono. Ma sono anche i soggetti che vivono pienamente l'amore, lo sentono pulsare e lo riconoscono a pelle, senza bisogno di parole. Come un cane sente se un uomo vuol fargli del male.
Così Federico malcelava il desiderio di andare a trovarla in clinica, per stare lì, solo per farsi sentire.

Io sto qui seduta adesso. E sarò stata anche stronza e assente, ma ero piccola allora, e tutto era fuori dalla mia comprensione. Non posso condannare il mio comportamento per questo. Non posso farlo nemmeno per gli altri.

Ma sto qui e ne parlo. E mentre le parole escono continue, scaldate dall'ombra di un sole pomeridiano, io so di amare.

E di amare non mi posso vergognare.

Nessun commento:

Posta un commento