domenica 18 settembre 2011

GLI SPAGHETTI DI FALETTI - LUCA BIANCHINI


Sono stato qualche giorno a casa di Giorgio Faletti, all’isola d’Elba, e sono ritornato carico d’ossigeno. Il tramonto rosso dalla sua casa di Capoliveri è uno dei più emozionanti che abbia mai visto.
Probabilmente sono uno di quelli che non avrebbe mai aperto un suo libro, se non l’avessi conosciuto, come molti snob che conosco e a cui voglio bene. Per me lui era Vito Catozzo, e anche quando cantò a Sanremo Signor Tenente, classificandosi secondo, io continuavo a sentire nelle mie orecche “Porco il mondo che c’ho sotto i piedi!!!”. Ma poi ci siamo ritrovati in finale a un Premio letterario, lui con “Io uccido” e io con”Instant love”. Il mio motto era “Io uccido Faletti” e con la mia solita faccia tosta glielo dissi. Lui rise, e dopo la premiazione (vinse lui, ma va?), mi disse che gli sarebbe piaciuto leggere il mio romanzo. Così glielo spedii all’Elba, a Capoliveri, con tanto di dedica pensata, senza ottenere mai una risposta. Un anno dopo lo incontrai all’Ikea, con sua moglie Roberta, e ridemmo di gusto tra quei comodini dai nomi improbabili. Avevano letto il libro, e mi riempirono di complimenti. Io non dissi niente per l’imbarazzo.
Poi ci siamo incontrati casualmente in varie occasioni, e ogni volta è stato un piacere. Io lo considero un po’ il mio zio ricco e di successo, e lui lo sa e si diverte. Ama le cose belle e gli piace condividerle, ma senza spocchia. Ed è di una sensibilità che sfiora l’innocenza. L’altra sera gli ho detto che era vanitoso, e lo davo ovviamente per scontato (tutti gli artisti sono egocentrici per natura, e gli scrittori in particolare).
Mi ha guardato come se gli rivelassi il terzo segreto di Fatima e, da vero vanitoso, è stato tutta la sera a ripetermi: “davvero sono vanitoso?” (E io sempre a ripetergli: certo!).
Mi ha anche regalato le bozze del nuovo romanzo, che ho letto d’un fiato e di cui non vi posso dire nulla, se non: vedrete (è molto emozionante leggere un autore di fianco all’autore).
Ma il bello di Faletti è il suo eclettismo: ha appena scritto una canzone per Mina (con cui si scrive!!!), e mentre ero lì ogni tanto saliva in casa e suonava (io invece attaccato a quella piscina come una cozza di Aci Trezza). Poi gli è venuto in mente il titolo del prossimo romanzo. A novembre ci sarà una nuova mostra di pittura a Bologna, perché nel frattempo ha pure scoperto il piacere di dipingere. La sua natura comica gli è invece rimasta nella piccola quotidianità, perché cerca continuamente la battuta. Anche se, per vederlo al massimo della concentrazione, bisogna aspettarlo davanti alla Ghigliottina di Carlo Conti. Quello è un appuntamento fisso.
Ma la cosa che più mi porterò dietro, di questi giorni, oltre alle chiacchierate su Branduardi, Vecchioni e Francesco (De Gregori), saranno i suoi spaghetti.
Ho mangiato una delle paste più buone di quest’estate.
Mentre li preparava, mi ha detto: “nessun mestiere, più del cuoco, assomiglia a quello dello scrittore. Ti bastano pochi ingredienti e la tua fantasia, ed è fatta”.
Così ha fatto andare un po’ d’aglio nell’olio, poi ha aggiunto i pomodorini, poi del tonno fresco a liste, poi della buccia di limone grattugiata, e infine… il finocchietto selvatico!!! Ta-ta. Risultato da Premio Strega.

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