sabato 1 gennaio 2011

GUARDARTI


Bisogna fare esperienza nel guardarti. Non è un gesto semplice come basta dire, e nemmeno scontato come potrebbero asserire i superficiali. Ci vogliono ore e ore e uno stato d'animo simile alla grazia. Bisogna imparare come, quando, dove guardarti.
Ci sono condizioni che favoriscono la beatitudine e solo con il passare del tempo si può pensare quali possano essere: al fondo, osservarti quando non t'accorgi o farlo quando non ci sei. Si raggiunge la fragilità dell'animo.

Tu ti alzi e cammini, poi ti rimetti seduta. Ogni movimento eseguito è concentrato, poi ti si vede il sorriso o la risata piena. Ma quando stai completamente ferma e non si capisce cosa stia succedendoti; quando sembra che la luna adorni la stanza e tu sia compagna di splendore; allora è lì che ti si scopre profondamente bella. Ci si stacca da terra e ti si guarda dall'alto, con lo stupore del primo uomo nello spazio, con la stessa maestà di quando bambini si vede il mare.

Faccio di tutto per non farmi scoprire ma il caso ci fa incrociare, ed è allora che quella sapida armonia scintilla.
E quando non ci sei, il mio sguardo sì che ti punta. Cerca più dell'occhio, sonda un mondo non conosciuto, quello che rimane unico, lo spazio che vorrei regalarti, quello in cui tento di inviatarti. Penso alla tua felicità, ai tuoi momenti di gioia, quelli in cui non ci sono stato; quelli in cui non ci sono; quelli in cui io non ci sarò. Non comprendo il motivo di questo disordine: la nube piove e l'acqua bagna e risale, le stelle compiono il loro cammino, la vita si compie. Perchè non posso perdermi nella tua felicità?

Ti accompagno per mano e tu mi segui. Sei vestita stranamente, sembra un abito di duecento anni fa. E porti un cappello. Ridi e cammini mentre saliamo sul colle verde d'erba corta e meravigliosa. Siamo di fronte all'infinito e fa freddo, respiriamo. Dovresti comprendere.

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