sabato 23 ottobre 2010

IL PICCOLO AVIATORE




Da piccolo avrei voluto diventare un aviatore. L'immaginazione non mi trasformava mai in un pilota. Ero un aviatore, fuori dal mio tempo. Una sorta di Francesco Baracca, ma eroe di pace. E non montavo su uno dei suoi amatissimi SPAD ma su un aereo di mia invenzione: aveva le linee del Morane Saulnier utilizzato da Rolland Garros ma con un passo da mongolfiera, diagonale.
Un aviatore a bordo di un aereo da ricognizione, senza motore, alimentato a paglia e lana. Ed io con caschetto a cuffia, giaccone di pelle e occhialoni, prendevo meravigliosamente e silenziosamente il volo verso lo sconosciuto.

Ora che sono in volo già da tanti anni l'ho sempre fatto a vista, senza strumenti di controllo sofisticati. Il mio Morane non ha lunotto, è picchiettato da una trama di pioggia continua. Il muso porta la velocità della mia fantasia e l'elica ha la forza d'un rompighiaccio. Da anni apro varchi fra le nuvole: zucchero leggero e filato, tisiche e sfilacciate dalla mia elica.
Io con gli occhi sgranati porto la testa in avanti e comincio a sentire il dolore della tensione del collo.

Ma un rumore può essere un ruggito. E in volo, d'improvviso ti fa battere il cuore all'impazzata; ti fa alzare il timone, ti fa alzare di quota.
Ed il primo ruggito del mio Morane m'ha portato su.

Più in alto, dove c'era il sole. Una stella che non era la mia.

Nessun commento:

Posta un commento