lunedì 4 ottobre 2010

L'ULTIMA NOTTE DI PRIMAVERA


Esiste un confine instabile fra un attimo ed un altro, qualcosa che la geometria non può definire, nè la ragione capire. E' qualcosa che sfugge alla comprensione ma senza dubbio è propria della nostra capacità di sentire.
Prende forma quando l'intuizione si fà verità o quando le stelle, improvvisamente, pulsano d'un calore imprevedibilmente più intenso. Così stasera è qualcosa di simile. In piedi sul muretto di casa mia lancio la mia vista oltre i boschi di larice rosso e cembro; spunto così i primi vagiti d'una nuova stagione.
E' impossibile contenere la propria idea ad una dimensione; non un cambiamento dello spazio, o del tempo, o del moto. No, vi è una dimensione inaudita, costrutita di suono e colore, d'aria e minuti, di sabbia e corallo. Ora che il cielo sta finendo la giornata - come occorre solo una volta l'anno - perde la sua invisibilità; si fà solido e palpabile: il manganese impolvera i minerali e li rende rosa ed arancia. Poi il granata. L'aria s'intiepidisce più del solito ed è allora che si può restare in camicia. In qualsiasi posto del mondo si possa essere è l'ora dell'afrore del pino, pungente da non farti prendere sonno. Si rimane all'incanto. Complesso e tenue.
C'entra anche l'amore.
Così l'ultima notte di primavera, anzi, l'ultimo atto.

Poi è estate,
ed io lo scrivo oggi che s'avvicina l'autunno.

Nessun commento:

Posta un commento