
Esiste un confine instabile fra un attimo ed un altro, qualcosa che la geometria non può definire, nè la ragione capire. E' qualcosa che sfugge alla comprensione ma senza dubbio è propria della nostra capacità di sentire.
Prende forma quando l'intuizione si fà verità o quando le stelle, improvvisamente, pulsano d'un calore imprevedibilmente più intenso. Così stasera è qualcosa di simile. In piedi sul muretto di casa mia lancio la mia vista oltre i boschi di larice rosso e cembro; spunto così i primi vagiti d'una nuova stagione.
E' impossibile contenere la propria idea ad una dimensione; non un cambiamento dello spazio, o del tempo, o del moto. No, vi è una dimensione inaudita, costrutita di suono e colore, d'aria e minuti, di sabbia e corallo. Ora che il cielo sta finendo la giornata - come occorre solo una volta l'anno - perde la sua invisibilità; si fà solido e palpabile: il manganese impolvera i minerali e li rende rosa ed arancia. Poi il granata. L'aria s'intiepidisce più del solito ed è allora che si può restare in camicia. In qualsiasi posto del mondo si possa essere è l'ora dell'afrore del pino, pungente da non farti prendere sonno. Si rimane all'incanto. Complesso e tenue.
C'entra anche l'amore.
Così l'ultima notte di primavera, anzi, l'ultimo atto.
Poi è estate,
ed io lo scrivo oggi che s'avvicina l'autunno.
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