domenica 5 settembre 2010

CARTA DA LETTERA


Cara Agnese,
sono ormai passati molti mesi da quando ci siamo conosciuti. Il nostro rapporto si è sviluppato stranamente, quasi in contropiede. Mi è parso di nuotare spesso in zone misteriose e chiaroscure, oltre la barriera d'un oceano perlopiù poco pacifico. Magari indiano, quello sì.
Non so a che punto siamo arrivati e nemmeno se sia decisivo, però è un attimo incomprensibile. Per me, naturale. Tu hai sempre mostrato l'eleganza del nuoto libero, costante, mai affannato.

Nuoto da piscina.

Mi sono chiesto come mai. E come in un treno che aggancia vagoni a vagoni, ancora: "chi sei?", "perchè t'interessano le sbracciate d'un uomo al largo?", "come fai?","cosa sono gli universi paralleli?". Domande insomma. Ma senza risposte, non m'interessano nemmeno o più facilmente mi impauriscono.
Ma quando si sta per affogare è il panico la tua quotidianità. Ed il panico è martellante; ossessione e ripetizione. Ti insegue, prentende, consuma.

Dovrei prendere con calma l'amore, insomma.
E non ci riesco. Forse perchè sono viscerale come casa, come la nostalgia e la morte. Non sono buono a prendere le distanze.
Ma non ti preoccupare, questo è il delirio d'una persona che ha vissuto poco. D'un inerme, fermo rettile al sole, di uno trasparente.

Perdonami Agnese, se ti annoio con queste deviazioni. Ma c'è la prospettiva d'un inverno freddo e bisognerà che acquisti un cappotto pesante.

Il tuo Ernesto.

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