sabato 11 settembre 2010

CENA A 4


Edoardo e Virginia. Luigi e Luisa.

Edoardo: medico, colto, amante della buona tavola e dei buoni vini. Nessuno ha capito perchè ama giocare a squash e sopratutto non si sa con chi ci vada. Legge Proust, molta letteratura francese e dà la sensazione di sopprimere con malcelata classe la voglia di far citazioni o discorsi eruditi. Tradisce la moglie una volta la settimana con una donna più alta, più giovane e più silenziosa di lui; e anche sicuramente più furba e parsimoniosa. Paradossalmente e ovviamente, non sopporta le persone altezzose. Possiede una bella casa sulla Faentina e alla sera legge in veranda, in posa. Gli piacciono gli agrumi.

Virgina: algida, non nel senso del gelato ma proprio in tutte le sue espressioni esteriori. Occhi vitrei e trasparenti, verrebbe la voglia di chiuderglieli come si fa con i cadaveri: Il marito dovrebbe essere abituato a farlo. Longilinea senza forme, usa il tailleur come uniforme e le lunghe dita come una vetrina di Damiani. Ama alzarsi alle nove e fare colazione con the verde e lingue di gatto alla vaniglia e mandorla. Mangia solo nei ristoranti dove le dosi sembrano porzionate per uccelli da voliera. Mi ricorda un petroglifo preistorico di cicogna che ho visto a Cadice. Beve rhum con una classe incognita. Un po' come la storia che da qualche anno porta avanti con un ragazzo nord-africano, diciassettene e dal passato di fame certa.

Luigi: impiegato in un'azienda di cioccolata; senza stile, nel senso che non sa essere coerente, non gli piace contare fino a dieci. S'inalbera spesso con la compagna fino a portare avanti discussioni infinte ed inconcludenti. Poi schizza fuori di casa e dà di matto. Calvo, quando arriva l'estate ama portare t-shirt di cotone con il collo a "v". Appresso l'inverno invece, si arma di un orribile cappellino di lana; fastidioso a lui quanto allo sguardo turbato di Luisa. Incapace di concentrarsi per più di mezz'ora sulla stessa cosa, questo lo irrita. La lampadina nuda che scende dal soffitto di cucina può vederlo spessissimo mangiare salsiccia piccante e sushi nel giro di pochi minuti. Legge di tutto ma senza attenzione, per cui non si ricorda di nulla.

Luisa: scivolosa come una gatta che si stira. Spesso è stanca ma non se ne lamenta e, se lo fa, solo verso la fine d'una giornata davvero dura. Le piace apparire curata ma non arrivando agli eccessi di Virginia. Una volta al mese va dall'estetista. E solo in quell'occasione può realmente rischiare di perdere la pazienza. Questo per il fatto che non riesce mai a trovare un parcheggio nei paraggi del laboratorio, che la costringe ad affannose e dure camminate. Ama la puntualità. Quando Luigi la tormenta con i suoi discorsi senza senso e privi di ordine si commuove. Probabilmente non lo ascolta nemmeno più ma le piace vederlo ancora animarsi e prendere fuoco. Così non è raro che si metta a piangere. Lei dice di felicità.
Impiegata, ordinata, precisa e decisa sul lavoro. Mantiene ottimi rapporti con tutti, sorride e lascia sorridere. E lascia pensieri, dubbi e speranze. Proprio come una gatta scivolosa che si stira. Davanti ad un esercito di gatti affamati.

Non so quale sia stata la chimica che porta ogni settimana queste quattro persone a sedersi allo stesso tavolo del ristorante dove lavoro. Io li servo compuntamente, cercando un'assenza che, sicuro, fa piacere a tutti. Edoardo mangia irrimediabilmente pesce ed insalata, Virginia piccoli tortini di verdura o di baccalà, Luisa quello che di solito la cucina consiglia, Luigi non lo si sa mai.
Edoardo parla come uno scrittore; ha la voce bassa, baritonale e recitativa. Inizia accennando qualche aneddoto che vorrebbe essere spiritoso per finire sempre a parlare delle sue ultime letture. E non si limita a parlare della trama. Luigi si rompe visibilmente i coglioni e vorrebbe scapparsene subito. Guarda Luisa come un cane fa con una cagna in calore ma anche come probabilmente faceva Renzo con Lucia o Romeo con Giulietta. Virginia osserva Edoardo come un notaio ammira la propria scrivania. Stasera la solfa pare che sia incentrata su Russell e la logica del 900: Virginia ascolta attenta pensando ad un paio di scarpe che ha adocchiato nel pomeriggio nella boutique della sua amica Christine; Luisa è l'unica che ci ha provato, ma le sta prendendo una botta di sonno; Luigi pensa a quando finirà questa cazzo di cena e potrà portarsi a letto la ragazza. Per farci l'amore (o scoparla, non saprei dire) e per vederla dormire con lei. Meno male che la cucina arriva in soccorso di tutti: i piatti sono pronti ed io posso servirli con il mio solito stile minimalista. Dieci minuti dopo Luigi è già giunto all'arrivo; gli altri tre, chi più chi meno, sono ancora alla prima digestione. Così l'invertebrato coglie l'occasione per fare la solita fuitina in bagno, dove rimane troppo tempo per lavarsi solo le mani o rinfrescarsi il viso. A tavola Luisa è simpatica. Quando parla ti fa ridere spontaneamente, di pancia. Quando se ne sta zitta ti fa sorridere comunque, anche solo con gli occhi. Attrae. Luigi la sbircia e l'ascolta attentamente, come non fa mai nemmeno quando gli parla quello stronzo di Gianna, il suo capo. Allora capita che possa nascergli in testa anche qualche pensiero profondo e semplice: è amore quello che lei porta alla bocca degli altri? Pensa di sì, ne è geloso ma non può che ammetterlo. E forse proprio per questo l'ama e la invidia.
Virginia tiene le cosce strette ed il busto dritto, i gomiti ben piantati ai fianchi e le posate pulite anche quando si riempiono di cibo. Sfila e approva quel che sente; accenna e si ritira. Presenzia con l'acqua di gelsomino evaporata sul collo e sui polsi e s'indigna per le barbarie culinaire di Luigi. Pensa ai nomi dei suoi commensali e non capisce ancora come può esser ancora lì, ogni settimana, nello stesso giorno e alla stessa ora.
Si alzano e alternativamente si offrono di pagare il conto della cena: chi con carta di credito oro, chi con contanti raccattati nelle profondità di tasche umide.

Ed è ora che anch'io me ne vada verso casa, alla mia solitudine vecchia. Almeno stanotte potrò addormentarmi dolcemente, nel ricordo d'una cliente piacevole.

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